Berlucchi, l’arte dell’invecchiamento in Franciacorta

L’azienda creata da Franco Ziliani propone tre edizioni del ’61 (la 2009, la 2010 e la 2011) tutte in edizione limitata e con una straordinaria ricchezza aromatica. La punta di diamante di un’azienda che ha “inventato” il territorio delle bolle lombarde

 Berlucchi Cristina, Artutro e Paolo.jp
Berlucchi Cristina, Artutro e Paolo.jp
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Il mio 2024, lo ammetto, è iniziato brindando con uno straordinario Franciacorta sottoposto a un lungo affinamento sui lieviti: il Berlucchi ‘61 Nature Extra Affinamento, che l’azienda di Cortefranca ha cullato per anni (tredici per la precisione, contro i cinque del disciplinare), per poi licenziare tre straordinarie annate dei millesimati 2009, 2010, 2011. Duecento bottiglie in edizione limitata per ogni annata, un tributo autentico all'arte di gestire il tempo e al savoir faire franciacortino. Fatto sta che chi con me assaggiava questo vino (nel mio caso l’annata 2010) davvero non voleva farsi una ragione del fatto che non si trattasse di uno Champagne riserva, e anche dei più buoni. Magari questo non farà piacere a chi ricerca con ostinazione l’identità territoriale, ma io la vedo come una medaglia che luccica.

Il fatto è che il lungo affinamento sui lieviti fornisce al bouquet aromatico del vino profumi terziari, note di lievito, pasticceria, per un sorso sontuoso, fresco, persistente. Le bottiglie, che hanno subito il dégorgement lo stesso giorno, il 25 maggio 2023. Le bottiglie sono tappate con la “graffe“, che rievoca il sistema chiusura delle prime bottiglie di metodo classico, un tocco di artigianalità che rende un po’ più laborioso il processo di stappatura, ma basta poco per farsene una ragione.

Un vanto, questa mini-verticale, per un’azienda storica del territorio delle bolle in riva al lago di Iseo. Che nacque quando l’enologo Franco Ziliani fu convocato a Palazzo Lana da Guido Berlucchi per rispondere a una sua domanda: come rendere più stabile quel vino bianco da lui prodotto, promettente ma birichino? La risposta del tecnico cambiò la storia di un intero territorio: “E se facessimo uno spumante alla maniera dei Francesi?”. Era la fine degli anni Cinquanta. Nel 1962 furono stappate le prime bottiglie di quello che allora si chiamava Pinot di Franciacorta, messe in bottiglia l’anno prima. Piacquero a tutti e si andò avanti così. Oggi l’azienda è guidata dai figli di Franco Ziliani, che se n’è andato nel 2021: Cristina, Arturo e Paolo, che oltre ad aver ideato le linee ’61, ’61 Nature e Palazzo lana Riserva hanno indirizzato la cantina verso la totale sostenibilità. I vigneti Berlucchi sono certificati biologici dal 2016, analizzati e censiti in modo che ogni vigneto sia riconoscibile per carattere e sia trattato nel modo più giusto, scaglionando le vendemmie e centellinando gli interventi.

In carta la gioiosa linea Cuvée Imperiale, rappresentata dal Brut, dal Dosaggio Zero, dal Max Ros, dal Satèn, dal Démi-Sec e dal Vintage (ultima annata uscita, la 2019). Poi la linea ’61, la più iconica, con l’Extra Brut, il Ros e il Satèn. Quindi la linea ’61 Nature, tre vini tutti a dosaggio zero e con almeno cinque anni di affinamento in bottiglia: il Blanc de Blancs, il Rosé e il Nature. Poi il Palazzo Lana Extrême, un Pinot Nero al cento per cento, la punta di diamante dell’azienda, che affina sui lieviti per almeno dieci anni e ne esce sontuoso, inflessibile (ultma annata uscita, la 2011).

Infine qualche edizione speciale, tra i quali il Palazzo Lana AI, ispirato all’intelligenza artificiale e creato in collaborazione con il designer Teo KayKay, La Cuvée Franco Ziliani, omaggio al creatore del marchio, uno Chardonnay in purezza raccolto nel 2008, e il Vintage 1995 edizione Arnaldo Pomodoro.

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