Da Berti, 158 anni e non sentirli

È uno dei locali storici di Milano e ha ritrovato slancio negli ultimi anni grazie all’acquisizione dei fratelli Di Paolo (quelli di A’Riccione) che hanno affrontato una ristrutturazione impegnativa. Un grande giardino, una veranda, le sale storiche. E i piatti milanesi con giudizio di chef Carotenuto

Da Berti, 158 anni e non sentirli
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Un tempo qui era tutta campagna, O quasi. E ora resta uno dei giardini segreti più incantevoli della scena gastronomica milanese.

Un tempo qui era tutta campagna, ora invece siamo in piena città, al numero 22 di via Algarotti, tra via Melchiorre Gioia e il quartiere Isola. Qui dal 1866 (sì, 1866) sorge il ristorante da Berti, uno dei locali storici della città meneghina, un locale che ha cambiato Milano e ne è stato cambiato e che ha avuto tante anime nel corso della sua vita. Nato come stazione di posta con annessa locanda, poi è diventato una trattoria che per tutto il Novecento ha chiamato a raccolta le personalità politiche, artistiche e culturali della città, a cui l’ampiezza degli spazi garantiva l’opportuna privacy. Poi, un paio di anni fa, la svolta: il locale viene rilevato dai fratelli Dante e Giuseppe Di Paolo, imprenditori della ristorazione di origine abruzzese, noti per aver ridato vita al brand A’ Riccione, il primo ristorante di pesce di Milano. Undici mesi di ristrutturazione, una rimodulazione degli spazi, è Milano ha riconquistato una delle sue insegne iconiche (brutta parola ma me la rischio).

Oggi Da Berti è al contempo vicino alla Milano elettrica dei grattacieli ma comunque appartato, e conta su quattro sale interne molto differenti tra loro (la sala camino, la sala affreschi con la volta dipinta eccetera) e una estesa veranda con dehors e un pergolato affacciato sul giardino. Un luogo che si presta per ricevimenti e cene aziendali (nella sera in cui l’ho visitato c’erano in corso tre feste di laurea, a meno che non me ne sia persa qualcuna) ma che non sacrifica la qualità in nome dei soli numeri. Certo, qui non si fa fine dining, ma in fondo questo in una città come Milano un po’ ha stufato e comunque lo chef Fabio Carotenuto, milanese doc (una primizia), classe 1977, è bravo e pratico: propone una convincente versione della cucina milanese, rivisitata con quel tocco di modernità che Milano richiede, senza farsi prendere dalla smania di essere creativo per forza.

Il menu è ampio, e del resto un locale da duecento coperti e passa non può non avere una certa propensione maggioritaria. Io ho provato una buona Tartare di fassona al gin tonic, che mi ha convinto molto malgrado avessi storto la bocca al momento della presentazione, una Tarte tatin salata con pomodorini e stracciatella che gioca su sapori molto mediterranei e dei buoni Arristicini che sono stati la prima prova dell’efficienza della griglia da nove metri che troneggia in cucina e che rappresenta il principale valore aggiunto della cucina. Tra gli altri antipasti, che non ho provato ma proverei volentieri, il Vitello tonnato, lo Sformatino ai formaggi con fonduta di asparagi e porro fritto e una Tartare bavarese classica, oltre a un assortimento di taglieri. Sarà per la prossima volta. I primi: per me un Risotto lime con stracciatella e pepe Timut perfettamente cotto (sapete com’è divisiva la cottura del risotto a Milano), ma sbirciando il menu spuntano i Tortelloni di magro al ragù di manzo, il Risotto al salto e gli Spaghetti ai pomodorini rossi e gialli. I secondi propongono qualche classico (la Cotoletta alla milanese, anche nella versione “vestita”, la Tagliata di filetto di manzo bavarese con caponata di verdure ma il meglio arriva naturalmente dalla griglia: per me una Bavetta perfettamente cotta (apprezzato il modo in cui hanno rispettato le diverse richieste mia e della mia compagna di avventura) e anche di ottima qualità, forse per questo penalizzata da un po’ troppo condimento a base di barbabietola. Tanti tipi di carne e tanti tagli, gli amanti della ciccia hanno da divertirsi. Contorni classici, molto “patatosi”, buon assortimento di dolci: per noi una Coppa “Berti” con mousse al cioccolato bianco, cremoso al Baileys e crumble al caffè e una Cheesecake ai frutti di bosco (meglio la prima).

Carta dei vini piuttosto ricca e senza molte avventure “naturistiche”, del resto la cantina (visitata) è bellissima e contiene

tante chicche. Ricarichi tutto sommato onesto. Servizio efficiente, malgrado i numeri, Alex bravissimo, come anche Giuseppe.

Da Berti, via Algarotti, 22, Milano. Tel. 026694627. Chiude l’intera domenica e il sabato a pranzo

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