Carbonara, all’origine dell’ortodossia

Un itinerario romano in cerca di versioni autentiche del piatto più controverso della cucina italiana. Da Roscioli a Pipero, da Monosilio a Dandini, tante versioni che giocano sul formato della pasta, sull’uso dell’albume o del solo tuorlo, sulla cremosità e sulla presenza o meno del Parmigiano assieme al pecorino

Carbonara, all’origine dell’ortodossia

Parlare di Carbonara a Roma è appena meno pericoloso che discutere della Lazio con un romanista (o viceversa). E’ il piatto più sacro e quindi inevitabilmente dissacrato della cucina italiana, perfino la pizza si è acconciata negli ultimi anni a un certa dose di innovazione, ma la Carbonara guai a chi la tocca. Soprattutto sui sette colli.

La Carbonara è fatta di pochi ingredienti: guanciale, pecorino romano, uova, pasta, pepe. Le tecniche sono consolidate, ad esempio la mantecatura deve avvenire fuori dal fuoco, per evitare l’effetto frittata. Ogni chef poi ha un minimo margine di manovra stilistica: la scelta della pasta (lunga o corta, ci sono due scuole di pensiero), nella qualità degli ingredienti e nella densità, che resta assai differente, anche se negli ultimi anni si è imposta una tendenza alla cremosità, perfino eccessiva se si considera che fino a qualche decennio fa, quando di Carbonara non si parlava così tanto ed era un autentico piatto romano che pochi si azzardavano a proporre altrove, la Carbonara era decisamente più asciutta.

La soluzione più salomonica è proporre un piccolo itinerario tra le migliori Carbonare di Roma, tutte che rientrano nei canoni dell’assoluta ortodossia. Poi, ognuno sceglierà quella del suo cuore.

Partiamo dai classicissimi: Roscioli Salumeria con Cucina, in via dei Giubbonari a Campo de’ Fiori, è un locale considerato un punto di riferimento per questo piatto. Lo chef Gabriele Giura ne propone una versione con spaghettone con guanciale artigianale, tris di pepi della propria selezione, uova di Paolo Parisi e pecorino romano dop. La cottura è specificata al dente, eventuali differenti preferenze andranno comunicate, correndo il rischio di essere guardati male. Il prezzo 17 euro. Sull’e-shop è in vendita anche un kit completo per farla in casa al prezzo di 34 euro.

Altri templi della Carbonara sono Checchino dal 1887 a Testaccio (che usa gli spaghetti e l’uovo intero, il costo è di 14 euro), la Trattoria Sora Lella sull’isola Tiberina (supertradizionale, prezzo 20 euro), Taverna Cestia in zona Piramide (il formato di pasta sono i mezzi paccheri, le uova sono dell’azienda Solenti Clivi, il guanciale arriva da Amatrice, il costo è di 12 euro), Da Enzo al 29 a Trastevere, un locale particolarmente informale (rigatoni, 14 euro), Flavio al Vevavevodetto, con due sedi romane a Testaccio e ai Quiriti e una anche a Milano (che usa le mezze maniche, un po’ del grasso del guanciale e anche un po’ di acqua minerale, 10 euro), la Trattoria Pennestri all’Ostiense (rigatoni e balla crema, 10 euro), Cesare al Casaletto (lo chef Leonardo Vignoli utilizza spaghetto Mancini e un uovo intero ogni due tuorli, 10 euro) e Armando al Pantheon, che usa i rigatoni e fa pagare la carbonara 16 euro, ma ovviamente la location blasonata incide.

Poi ci sono le versioni leggermente gourmet. Quella di Luciano Monosilio da Luciano Cucina Italiana, non lontano da piazza Navona, è diventata un vero signature: lui usa i rigatoni, soltanto i tuorli, fa uso abbondante del grasso rilasciato dal guanciale e al pecorino mischia un po’ di Parmigiano Reggiano. Alessandro Pipero è un altro maestro: nel suo locale in corso Vittorio Emanuele, di cui non è lo chef ma il patròn, una versione deluxe della Carbonara è sempre presente. Quella preparata di Ciro Scamardella prevede le mezze maniche, l’uovo intero e un mix tra Parmigiano e pecorino. Il prezzo non c’è, nel senso che in questo ristorante (stellato) si può scegliere solo il formato del menu degustazione. Poi c’è Arcangelo Dandini, che nel suo L’Arcangelo, nel rione Prati, propone una versione con rigatoni di Gragnano a 15 euro.

Versioni più contemporanee della Carbonara sono proposte da Eggs, un locale trasteverino che come dice il nome propone solo specialità a base di uova e ha – caso unico – una carta dedicata a questo primo, che viene declinato in molti modi (compreso uno vegano) dalla chef Barbara Agosti, con prezzi dai 15 ai 18 euro (ma per quella con uova d’oca si paga 30); da Baccano in Campo Marzio, primo locale romano a portare l’estetica del bistrot newyorkese di nuova generazione, con rigatoni e uova di Marans e un mix di formaggi (18 euro); da Trecca Cucina di Mercato all’Ostiense, dove i fratelli Trecastelli ne propongono una versione robusta a 12 euro; da Santo Palato, trattoria contemporanea guidata da Sarah Cicolini, che ne propone un’edizione super- ortodossa, con pasta corta e guanciale di Re Norcino (16 euro); da Menabò Vino e Cucina a Centocelle, dove lo chef Paolo Camponeschi realizza una buona Carbonara su richiesta, anche se talvolta non figura nel menù (12 euro), e da Osteria Fratelli Mori, dove si trova con i rigatoni a 12 euro.

Per concludere altri indirizzi sicuri: Osteria Bonelli a Tor Pignattara; Romanè a via Cipro, nei pressi di San Pietro; Tram Tram a San Lorenzo; Mangiadischi – La Moderna Trattoria a Conca d’Oro; Il Maritozzo Rosso a Trastevere, dove la Carbonara è proposta nella classica brioche romana; Il Girasole dal 1981 alla Garbatella; La Flaca a Porta di Roma; Osteria La Sol Fa in zona Porta Maggiore; Osteria Sette in zona Sacco

Pastore; Bottega Trattoria De Santis a Santa Croce in Gerusalemme; Da Gino al Parlamento; Matricianella nei pressi dell’Ara Pacis; e Proloco Trastevere.

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