Cucina Franca, il mondo in un menu

Un locale aperto a giugno in via Friuli, a Milano, e che è preso d’assalto dalla clientela tutte le sere. Il segreto sono i piatti pieni di ispirazioni di viaggio realizzati dallo chef argentino Facundo Castellani, che è anche socio del locale con Gianluca Santamato. Qualche dettaglio da correggere, ma un luogo coinvolgente e dai prezzi onesti che merita il successo che ha.

Cucina Franca, il mondo in un menu
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Ha aperto a giugno e l’estate sarebbe dovuta essere un periodo di rodaggio in vista del banco di prova settembrino. Invece è diventata una lunga bagarre con il locale sempre pieno. Qualcuno mi ha soffiato all’orecchio che si trattava di una bella novità e sono andato a verificare. Sto parlando di Cucina Franca, un ristorante piuttosto insolito che si trova al numero 76 di via Friuli, a Milano.

Andiamo con ordine. Il locale è stato aperto da due soci e amici, l’argentino Facundo Castellani e l’italiano Gianluca Santamato, il primo in cucina e il secondo in sala, che già da tre anni gestiscono a pochi metri di distanza il cocktail bar Larg_o. L’idea è di proporre in Cucina Franca, come suggerisce il nome stesso del locale, del cibo semplice ma che non sia né quello di una trattoria fighetta, né quello della nonna (concetto che ha un po’ stancato) né tanto meno quello codificato come fine dining. E allora cosa? I piatti, una decina in tutto nella carta, raccontano più che altro della vita e dei viaggi di Facundo e anche un po’ di Gianluca. Io ho provato tre piatti e ve li racconto: ho iniziato con una magnifica Ricciola cruda (ma il pesce può cambiare di giorno in giorno in funzione del mercato, con salsa huancaìna e nasturzio. La salsa huancaìna è originaria del Sud America e si ottiene frullando assieme formaggio, latte, aglio, cipolla, cracker. Il risultato è un composto giallo, saporito e acido che fa da degno contrasto alla carne dolce della ricciola. E’ decisamente il piatto migliore della serata.

Buone anche le Radici tonnate, un carpaccio di rape a fare le veci del vitello e a farsi ricoprire di salsa tonnata: l’effetto è straniante, sembra davvero di mangiare il classico piatto piemontese-lombardo, ma in più c’è la croccantezza e la nota amaricante della rapa, che aggiunge più che togliere. Deludente invece il terzo piatto, che pure mi era stato presentato come il best seller del locale, la Parmigiana di Franca, dove praticamente la sola melanzana rievoca la tradizionale ricetta familiare italiana, mentre al posto della mozzarella c’è del cacioricotta di capra mancina del Monte Bianco e il sugo è una harissa, salsa nordafricana a base di peperoncino, che in questo caso non è molto piccante ma copre in maniera piuttosto decisiva la melanzana, soverchiata anche da una panatura a base di panko piuttosto grossolana, che reca una croccantezza talora disturbante. Il piatto dà anche l’impressione di essere stato preparato in anticipo e poi scaldato, ma su questo non ho certezze. Insomma, un piatto un po’ pasticciato, ma potrei essere io a non aver capito qualcosa, visto il successo che riscuote presso gli altri commensali. In ogni caso un piatto ottimo, un piatto tendente all’ottimo e una mezza delusione. La media tra 8, 7 e mezzo e 5 fa quasi 7. Che diventa 7 pieno se si tiene conto dei prezzi piuttosto moderati del locale: da 8 a 16 euro, io ho speso 47 euro per tre piatti, una birra grande e dell’acqua. A Milano ci può stare.

Piccola divagazione sugli altri piatti: cito dalla lista: Famo la scarpetta al mare? è un piatto da pane (a proposito, è quello di Longoni, quindi una garanzia) a base di yogurt labneh, limone, aneto e uova di trotta (a occhio sembrerebbe una specie di tzatziki); poi ci sono i Porri in Giappone, Se nos quemò la zucchina, Pomodori tagliati fini fini, Pesce alla toscana un po’ francesa, Tartare di manzo parmigiano, Shokupan alla Patricio Rey, Arepami tutto. Più mondialisti di così…

La carta dei vini è spostata su macerati, rifermentati e vini naturali in generale, senza però eccessi di dogmatismo.

L’ambiente è piccolo ma piacevole, una ventina di coperti all’interno (tra il piano terra e il piccolo soppalco), più altrettanti nel dehors, che nella bella stagione gioca un ruolo decisivo. C’è anche un piccolo bancone con vista cucina, dove si ammira una giovane brigata danzare in uno spazio minuscolo. Molto giovane anche il servizio, comunque efficiente.

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