Grande Dame Rosé, il sogno della vedova Clicquot

Il millesimo 2015 della grande cuvée della maison di Reims è stato presentato in anteprima mondiale a Roma, al ristorante Orma di Roy Caceres, che ha preparato un pranzo in abbinamento. Ecco come è andata

Grande Dame Rosé, il sogno della vedova Clicquot
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Ho provato in anteprima mondiale la Grand Dame Rosé 2015, la nuova edizione dello Champagne Veuve Clicquot che più di ogni altro omaggia Barbe-Nicole Ponsardin, la donna che fece le fortune della maison creata a Reims nel 1772; che ebbe la “fortuna” di diventare vedova ad appena 27 anni e poté riversare nell’azienda la sua forza e il suo carattere. “Madame Clicquot amava dire che per le esisteva solo una qualità, la prima”, dice lo chef de cave Didier Mariotti prima del pranzo romano che ha rappresentato il battesimo mondiale di questa cuvée straordinaria. Eravamo da Orma, il ristorante stellato dello chef colombiano che da anni ha fortunatamente preso casa nella capitale italiana, che è riuscito nel difficile compito di preparare una serie di piatti in grado di prendere a braccetto il millesimato 2015 della Grande Dame Rosé e qualche suo fratello maggiore.

Ma prima di parlare del pranzo, c’è da raccontare la Grande Dame Rosé, uno Champagne che all’assemblaggio della Grande Dame bianca assomma il non trascurabile valore aggiunto del vino rosso da uve Pinot Noir del leggendario Clos Colin a Bouzy impiantato dalla stessa vedova, che aveva una insana passione per questo vitigno ostico e austero ma capace di dire cose straordinarie a chi sa ascoltarle. Madame Clicquot scoprì le potenzialità del Pinot Noir in Borgogna, nella sua terra di elezione, e per tutta la sua vita perseguì l’obiettivo di ottenere anche in Champagne quella verticalità e quella tensione. Fu nel 1818 che quella coraggiosa donna decise di sfidare le pratiche convenzionali unendo il vino della parcella Clos Colin al vino bianco, ottenendo quello che è universalmente riconosciuto come il primo Champagne di assemblaggio della storia.

La Grand Dame Rosé riceve dal Pinot Noir quella verticalità e quella tensione vibrante che nel fanno un vino straordinario. L’annata 2015 “è stata particolarmente solare, con un’estate molto calda e soleggiata, l’uva era molto matura e il risultato è stato un millesimato caloroso e colorato”, come ricorda Mariotti, che sottolinea anche il modo in cui l’artista italiana e Paola Paronetto è riuscita a interpretare queste caratteristiche nei suoi goffret eleganti e piacevolmente fané, dalle tonalità confetto.

La Grand Dame Rosé 2015 è un assemblaggio al 90 per cento di Pinot Nero e 10 per cento di Chardonnay a quale è poi unito un 13 per cento di Pinot Noir di Clos Colin. Il suo colore è uno straordinario salmone scuro con riflessi ramati che farebbe la gioia della vedova, la quale sosteneva di “degustare i suoi rosé dapprima con gli occhi”. Al naso esibisce note floreali e di piccoli frutti che poi virano verso spezie eleganti, pepe rosa, chiodi di garofano, cannella. In bocca è setoso ed elegante, con una spuma che elettrizza e con una piacevole nota amara finale che prolunga il piacere. Il dosaggio è medio, otto grammi litro, il potenziale di invecchiamento notevolissimo, non meno di dieci anni.

Degli abbinamenti parliamo raccontando i piatti che chef Caceres ha preparato per me e per gli altri pochi fortunati invitati al “battesimo”, che hanno giocato talvolta sull’accostamento e talaltra sul contrasto, sempre comunque alla ricerca di un equilibrio nei volumi. La Grand Dame Rosé 2015 è stata abbinata a una notevolissima Indivia farcita con delle olive, glassata con crema di acqua e mandorla e con l’olivello spinoso a dare una componente acidula e un caffè di pomodoro a contribuire con l’amaro; e con un Cardoncello arrostito sulla brace con miso di lenticchie, latte di arachidi e olio di broccoletti coltivate in un orto di agricoltura sinergica e rigenerativa vicino a Roma.

Alla Grand Dame 2012 nella bottiglia magnum è stato accompagnato un Raviolo di grande elasticità e masticabilità quasi orientale ripieno di cremoso di anguilla di Comacchio, laccato con un’anguilla kabayaki giapponese, pepe sansho, caviale beluga e brodo di farro tostato.

La Grand Dame Rosé 2008 nella Jéroboam da tre litri (uno spettacolo) ha scortato una Pecora abruzzese cotta sulla brace servita con salsa di fondo di pecora, ‘nduja, radicchio di Castelfranco e senape. Infine un abbinamento alla francese, il dolce (Platano croccante e in marmellata con gelato di kefir di bufala, rucola selvatica e pepe rosa) con il ritorno della Grande Dame Rosé 2015. Una lunga, lunghissima gioia.

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