Piacenza, tradizione di frontiera

Una provincia ricca di ingredienti e di influenze ma con un solo ristorante stellato, La Palta della cheffe Isa Mazzocchi a Borgonovo Val Tidone. Non mancano però i locali interessanti, come, nel capoluogo le ispirazioni metropolitane di Luigi Taglienti in IO, a Rivergaro la Locanda Sensi e a Carpaneto Piacentino il Nido del Picchio

Piacenza, tradizione di frontiera

Provincia di frontiera, divisa a nord-ovest dal Po dalla bassa lombarda con cui condivide molte tradizioni, e poi con confini comuni con Piemonte e Liguria, Piacenza è la porta dell’Emilia anche gastronomicamente, considerata a buon diritto come appartenente alla Food Valley che ha nella vicina Parma la sua capitale ma con tradizioni peculiari che si riassumono nei salumi (in particolare la coppa e la pancetta), negli anolini in brodo, nei pisarei e fasò (certi gnocchetti di pangrattato con sugo e fagioli), nei tortelli con la coda, nel batareu, il tipico pane della Valtidone, i suoi punti forti. Attorno ai quali gravita la proposta gastronomica dei migliori ristoranti della provincia. Di cui vi fornisco una forzatamente ridotta (e quindi del tutto arbitraria) selezione.

Partiamo dal capoluogo. E da IO Luigi Taglienti, un ristorante che nel centro di Piacenza davvero mancava: elegante, contemporaneo, ambizioso. Del resto Taglienti arriva da Milano, dove per anni ha condotto la cucina stellata del Lume e ha portato a Piacenza una certa allure metropolitana. Il locale si trova in via Pietro Giordani 14 nella falegnameria della chiesa sconsacrata di Sant’Agostino (che a sua volta ospita il suggestivo spazio d’arte Volumnia della gallerista Enrica De Micheli, a cui il ristorante è collegato) e Taglienti vi propone una cucina italiana moderna e soddisfacente, tecnica e piacevole: Multicolore inusuale è un antipasto vegetale a base di infiorescenze del moneto con infuso al sedano e allo yuzu; gli Scampi di riviera giocano sul concetto del cocktail anni Ottanta, in forma di raviolo e con spinacio al maracuja; una Lasagna tradizionale; lo Spaghetto con cipollotto fondente, anatra muta e spremuta di granchio; Manzetta piacentina con cannelloni di melanzana al cumino, crema di ricotta al forno, salsa di manzo alla Norma. C’è anche un menu degustazione a 68 euro (in versione Riscoperta a 54).

Piacenza città, va detto, non offre molto altro: segnalo ancora l’Osteria del Trentino (Da Marco), in via San Gregorio 46/48, nata oltre un secolo fa dall’arrivo a Piacenza di un trentino, per l’appunto, e oggi gestita da Marco Piazza, che l’ha trasformata in un locale contemporaneo che celebra i riti gastronomici locali, con un occhio particolare alla carne, che figura negli antipasti (Tartare di manzo con salsa di pomodoro speziato e pinoli), nei primi (Anolini in brodo di terza con manzo, cappone e vitello), ovviamente nei secondi (Guancialino brasato con purè di patate) e che trova la sua celebrazione più hardcore nel quinto quarto (Animella in crepinette, crema di ceci e miso, pak-choi). E La Dispensa de I Balocchi in largo Pietro Gioia 3, un locale moderno e luminoso decorato con le opere dell’artista locale Gianfranco Asveri, e che ha il suo punto di forza nelle selezioni di salumi, e nei Tortelli piacentini con la coda, ripieni di ricotta, erbette e parmigiano 24 mesi di vacche rosse.

Passiamo alla provincia, e qui partiamo dall’unico (per ora) ristorante stellato dell’intera provincia, La Palta di Borgonovo Val Tidone della bravissima cheffe Isa Mazzocchi, una che suggella il suo legame con la terra e con la natura-madre con una goccia di crema di latte che contrappunta il bordo di ogni suo piatto. La sua cucina è fantasiosa, naturale, ironica. Due menu, Sei nelle mie mani (110 euro), dedicato alla visione gastronomico di Isa, e Sei nella mia terra (90 euro), più incline al territorio. Tra i piatti della carta il Raviolo di ravioli in sei stagionature di Parmigiano, la Lingua con latte di mandorla, peperoni arrostiti e capperi e il Pastiss alla piacentina della contessa Arcelli Fontana. Sempre a Borgonovo Val Tidone segnalo anche Novo Osteria, una locanda contemporanea ospitata in un vecchio convento, dove due chef, Giorgio Paratici e Sara Frellicca, praticano una cucina di tradizione rivisitata con un tocco orientale giocando a scambiarsi i ruoli e le idee nei due menu Sara e Giorgio, entrambi a 85 euro.
Tra la Val Tidone e il capoluogo, nella località dal curioso nome di Rottofreno, ecco la Trattoria La Colonna (Rottofreno), un locale classico ultracentenario che propone una cucina classicista che parte dal territorio ma fa anche molte capatine in Lombardia (notevole il Risotto con ossobuco alla milanese). A Rivergaro, sul fiume Trebbia, due indirizzi da segnalare: la Locanda Sensi, un elegante relais di campagna con una cucina che fa del fuoco il suo centro (Tortello piacentino alla brace, caciocavallo podolico e brodo di terza, il Piccione si fa in quattro con filetto, petto, coscia e frattaglie) ma che propone anche un menu Sensi con Ramen piacentino con noodles di canapa e uovo e pancetta, Un mare di pisarei e Pescato locale brasato in casseruola con bietole e beurre blanc al fieno. E il Caffè Grande (detto anche da Sugone) nella piazza centrale del paese, con l’allegra cucina di Betti e Fabrizio Bertuzzi che ha nella pasta fresca il punto forte. Vedasi i Cappelletti croccanti di faraona con brodo di prosciutto e nocciola e semi di senape in pickles.

Altre citazioni sparse nella provincia: a Ponte dell’Olio in Val Nure, la Locanda Cacciatori con la sua cucina domenicale di tortelli, crespelle e coppa al forno. A Podenzano, nella pianura che circonda il capoluogo, l’Ostreria Fratelli Pavesi (ostreria non è un refuso ma contiene la parola tre, come i fratelli Giacomo, Camillo e Giuseppe), tra le più amate nella provincia, e infatti vale la pena prenotare per mangiare in una corte novecentesca quello che è considerato forse il miglior Tortello piacentino con ricotta vaccina del caseificio Colla, spinaci freschi e Parmigiano Reggiano 30 mesi. A Monticelli d’Ongina, su un’isola ritagliata dalle anse del Po, l’Antica Trattoria Cattivelli con la sua onesta cucina di territorio.

E infine, a Carpaneto Piacentino, nell’alta pianura padana che guarda alla Liguria, il Nido del Picchio dove lo chef Daniele Repetti sorprende con la sua cucina estemporanea eppure di grande profondità che ha i piatti simbolo nei Fagottini d’anguilla con burro acido e whisky e nella Crema di fagiolane bianche, uovo fritto, carciofi e tartufo bianco.

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