Sora Maria e Arcangelo, la modernità della tradizione

Il ristorante di Olevano Romano, considerato tra le migliori trattorie d’Italia, propone una cucina che modernizza il passato sia con ispirazioni contemporanee e internazionali sia con la scelta di ingredienti che arrivano da produttori etici e sostenibili delle aree intorno. Imperdibili i Cannelloni ripieni al pasticcio di vitellone. E l’Abbacchio in tre preparazioni (coscio, cotoletta, coratella)

Sora Maria e Arcangelo, la modernità della tradizione
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Olevano Romano si trova nella parte orientale della provincia di Roma, ai piedi dei Monti Simbruini ma con un panorama che nei giorni propizi consente di allungare lo sguardo fino al mar Tirreno. Un luogo che ha sempre sedotto i viaggiatori: nel Settecento e nell’Ottocento molti artisti del Nord Europa, in Italia per il Grand Tour che all’epoca era un vero viaggio di formazione alla bellezza, si soffermavano qui. E non è un caso che da Sora Maria e Arcangelo, il migliore ristorante del paese e uno dei migliori della provincia romana, alle pareti siano appesi dipinti e litografie di artisti dell’Ottocento danese e tedesco.

Sora Maria e Arcangelo, il Minestrone primaverile
Sora Maria e Arcangelo, il Minestrone primaverile

Sora Maria e Arcangelo è un ristorante che vale la pena andare a visitare. E’ stato aperto nel 1949 e da 75 anni è in mano alla stessa famiglia, che negli anni lo ha trasformato in un luogo di eccellenza della cucina agreste laziale. La guida Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso gli attribuisce tre gamberi, il massimo punteggio per le trattorie (solo 36 in tutta Italia nell’edizione 2024) ed è segnalato anche dalla guida Michelin. La cucina è semplice ma di ricerca, intendendosi così la incessante opera di studio dei migliori ingredienti, che arrivano dai Monti Lepini, dai Monti Prenestini, da piccoli artigiani, allevatori, coltivatori di un territorio da sempre fagocitato dalla metropoli che sonnecchia laggiù. Ingredienti magnificamente lavorati da Giovanni Milana, nipote di quegli Arcangelo e Maria che, dopo aver gestito una trattoria al Pigneto, a Roma, trovarono rifugio in questo paese perché il loro antifascismo richiedeva un profilo più basso e vi aprirono un semplice ristorante in un antico granaio.

Sora Maria e Arcangelo, interno

Da Sora Maria e Arcangelo si mangia una cucina di territorio e di stagione, il menu viene cambiato spesso perché sono la terra e il mercato a governare le ispirazioni, e poi certo, c’è la sapienza di Giovanni e della sua brigata, che riescono a innervare in piatti di grande tradizione qualche eco contemporaneo e perfino qualche spinta internazionale. E’ così che si fa cucina nella nostra epoca, del resto, non ci si può limitare a presidiare il totem della conservazione senza fare un passo in altre direzioni. Nel menu dell’estate che mi è capitato di assaggiare, ho trovato la magnifica Insalata tiepida di trippa di vitello, salsa gaspacho, menta e pecorino, ma ci sono anche il Tonno di coniglio con fagioli cannellini di Atina, il Maritozzo farcito con baccalà mantecato, cipolla rossa marinata e salsa tzatziki, i Fegatelli di maiale nella rete, albicocche e mosto cotto di Cesanese (definito il foie gras dei Romani). C’è anche un tagliere di salumi del territorio serviti con i carciofini sott’olio e la giardiniera fatti in casa, così come si può avere, a inizio come a fine pasto, una degustazione di sei formaggi locali accompagnati da mostarde e miele.

Sora Maria e Arcangelo, la Trippa
Sora Maria e Arcangelo, la Trippa

Come da tradizione locale una parte rilevante del menu è riservata ai primi: i Tortelli come un pollo alla romana con peperoni, gli Gnocchi di patate al pesto di basilico, baccalà, pinoli tostati e peperone crusco e soprattutto i mitologici Cannelloni della Sora Maria (la mia scelta) ripieni al pasticcio di vitellone, gratinati al sugo di pomodoro San Marzano e fior di latte artigianale. In menu c’è sempre anche un risotto. Tra i secondi l’Abbacchio Romano IGP (coscio alla brace farcito con erbette selvatiche e pecorino, la cotoletta fritta impanata, la coratella con cipolle alla romana) – secondo me alla fine la scelta migliore -, l’Allesso di biancostato di Angus ciociaro in salsa verde, giardiniera, mostarda e olio evo, il Fritto di animelle di vitella zucchine e i suoi fiori, la Salsiccia di pecora allo spiedo con primo sale alla griglia e salsa gaspacho. La tradizione dolciaria locale, non particolarmente esuberante, impone di attingere alle tradizioni nazionali: il Tiramisù espresso con mascarpone artigianale a latte crudo con la pastarella Olevanese, il Millefoglie alla crema vanigliata e frutta estiva, la Tartella brulée con meringa italiana, albicocche sciroppate e gelato alla vaniglia.

Sora Maria e Arcangelo, una sala
Sora Maria e Arcangelo, una sala

La carta dei vini è sterminata per quella che è pur sempre una trattoria e dà ampio spazio al vino del luogo, il sottovalutato Cesanese (di Olevano e del Piglio), ma c’è spazio per il resto del Lazio, per l’Italia tutta (con una predilezione per il Barbaresco e per Montalcino), per un po’ di Francia e per i magnifici Pinot Nero dell’Oregon. Il servizio è sommesso, elegante, ma ben caldo. Il locale si articola in una grande sala principale e in vari ambienti più piccoli ideali per eventi privati e per chi ama un po’ di privacy.

Capitolo prezzi: io suggerisco di optare per la formula degustazione, quattro piatti a scelta dal menu stagionale (uno per sezione) a 55 euro, altrimenti si spende attorno ai 14 euro per gli antipasti e per i primi, sui 20 per i secondi (con qualche eccezione) e 9 per i dolci.

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