Ma che brutte parole che usava Roald Dahl, uno degli scrittori più amati dai bambini e dagli adolescenti di tutto il mondo. Eh sì, l'autore del GGG, de La fabbrica di cioccolato, Matilde e decine di altri titoli fantastici si è permesso di scrivere in questi libri destinati ai più piccoli parole come: «grasso», «piccolo», «nano».
Nel raccontare la lotta dei suoi piccoli eroi per farsi largo in un mondo dove gli adulti sono spesso insensibili (accade), o le differenze di classe opprimono (accade), o si deve convivere con i propri difetti e quelli altrui (accade) lo scrittore si è permesso di chiamare le cose proprio come le chiamano i bambini. E quindi adesso, con il consenso dei suoi eredi, l'editore inglese Puffin Books ha deciso di dare una ritoccatina qui e una là a norma di politicamente corretto. Per carità garantiscono che l'irriverenza di Dahl resterà, solo che sarà espressa in un linguaggio limato e omogeneizzato, pieno solo di parole «inclusive». Per definire l'operazione basta ciò che ha detto Salman Rushdie. Lo scrittore, cieco da un occhio dopo essere stato accoltellato da un estremista islamico, è esploso... Scusate, abbiamo sbagliato, lo scrittore diversamente vedente dopo essere stato accoltellato da un islamico diversamente educato ha notato sommessamente che: «È un'assurda censura. Puffin Books e gli eredi di Dahl dovrebbero vergognarsi». Provocatorio e tranchant Philip Pullman, altro noto scrittore per l'infanzia: «Piuttosto che epurarlo smettete di pubblicarlo». In Italia Pierdomenico Baccalario, scrittore per ragazzi noto anche all'estero, ha lanciato una petizione su Change.org, «Save Roald Dahl from Puffin New Edit», criticando queste modifiche: «Considero questo editing offensivo per milioni di lettori», ha scritto senza giri di parole.
E ha ragione, ma soprattutto è offensivo per la letteratura, per il percorso di Dahl che di cosa sia un mondo veramente intollerante sapeva tutto - basta leggere il suo
autobiografico Boy che parla di ragazzi ma non è per ragazzi. Ma questo forse non se lo sarebbe aspettato nemmeno lui, che la violenza diventasse così educata, così gentile. Si chiamava censura una volta, adesso si chiama inclusività.
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