"Carri Ariete combattono": la resistenza eroica di El Alamein

La resistenza della divisione "Ariete" segnò la battaglia di El Alamein e rappresenta una storia indimenticabile nella guerra degli italiani

"Carri Ariete combattono": la resistenza eroica di El Alamein

"Carri Ariete combattono": è entrata nella storia militare italiana la breve e significativa comunicazione con cui, dopo l'accerchiamento ad opera delle divisioni inglesi nel settore di El Alamein, i carristi della divisione Ariete segnalarono al comando italo-tedesco la loro volontà di resistere fino alla fine nella giornata del 4 novembre 1942. Il fronte delle truppe di Erwin Rommel era in rotta, l'Armata Corazzata Italo-Tedesca batteva in ritirata verso la Tunisia e la Libia profonda, ma nei settori in cui la resistenza delle divisioni italiane fu più forte la prospettiva di una vittoria a mani basse degli uomini di Sua Maestà fu messa in discussione dalle armate del Regio Esercito. E se estremamente nota e romanzata è la storia dei paracadutisti della Divisione Folgore, tragicamente costretti a infossarsi nelle sabbie egiziane da decisioni strategiche insensate prese da Benito Mussolini e Adolf Hitler, meno conosciuta fuori dalla cerchia degli addetti ai lavori è la tenuta delle forze corazzate della 132° Divisione "Ariete", che resistette fino al totale annientamento tra El Alamein e Fuka.

Tra Bir el-Gobi, Sidi Rezegh, Tobruk e la prima battaglia di El Alamein gli uomini dell'Ariete, che Rommel avrebbe ricordato come "i nostri più vecchi camerati italiani" stimando profondamente la capacità degli uomini della formazione corazzata, si erano battuti con coraggio contro le forze inglesi, sostenendo a tutto campo le armate italiane e le meglio equipaggiate divisioni tedesche sfruttando un armamento molto spesso inferiore.

Il nerbo della Ariete era costituito dai carri medi M14/41; nel corso di 14 mesi di guerra ininterrottamente combattuta nel deserto africano il reggimento corazzato più attivo della Ariete, il 132°, pagò un altissimo tributo di sangue con almeno 340 fra caduti e dispersi (40 ufficiali, 75 sottufficiali e 225 carristi), mentre furono ben 365 le decorazioni al valor militare concesse ai carristi di ogni grado del reggimento. Molte di queste furono associate all'ultima e più significativa esperienza di combattimento del gruppo italiano, nel quadro della rotta delle forze dell'Asse alle porte di Alessandria d'Egitto.

Nel quadro della seconda battaglia di El Alamein l'Ariete, dopo essere stata schierata come formazione di riserva nei primi tre giorni di battaglia, il 26 ottobre fu spostata a Nord nella zona di Deyr el-Murra, dove, posizionandosi in assetto da combattimento, contribuì al tentativo di Rommel di controbattere l'avanzata delle preponderanti armate di Bernard Montgomery, cercando di colpire in particolare le divisioni di fanteria del Commonwealth. L'Ariete puntò da sud su Tel el-Aqqir, mentre la divisione "Littorio" e la 15ª Panzerdivision convergevano da nord. In questa fase, in pochi giorni la violenta reazione britannica costrinse le divisioni dell’Asse a ritirarsi e portò Montgomery a riprendere l'offensiva.

Di fronte alle prospettive di un accerchiamento e del totale crollo del fronte le divisioni corazzate dell'Asse giocarono una partita di retroguardia per frenare l'avanzata del prudente gruppo multinazionale dell'Ottava Armata britannica. All’alba del 3 novembre l′Ariete, tornata a nord, si preparò a chiudere il varco aperto nella linea italo-tedesca, mentre nella notte tra il 3 e il 4, venne costituita una nuova linea difensiva dalle truppe dell’Asse, con i piccoli e medi carri italiani costretti a tener testa alle truppe corazzate britanniche armate con mezzi pesanti di produzione britannica o americana, compresi gli Sherman di ultimissima fattura.

Paolo Caccia Dominioni, nel suo resoconto El Alamein, ricorda il clima che circondava l'Ariete: nel pieno della battaglia, di fronte all'avanzata britannica "carristi e artiglieri corazzati sanno che contro gli Sherman non sono efficaci altro che i pochi pezzi da 75, 90 e 100 disponibili". Per il resto le uniche bocche da fuoco a disposizione erano le innocue 47/32, "a titolo puramente sentimentale", e molti sapevano che il destino degli assetti italiani era quello di trasformarsi in “bare ardenti d’acciaio, carro dopo carro, semovente dopo semovente, autoblindo dopo autoblindo". Tuttavia il morale della divisione restò alto, complice il forte spirito di corpo. Caccia Dominioni ricorda uomini comuni divenuti loro malgrado eroi, soldati in larga parte senza volto trasformatisi in protagonisti, celebra "lo spirito del Maggiore Pardi, a distanza dalla sua morte, e del Colonnello Maretti, insostituibile, lontano per gravi ferite, del Maggiore Pinna e del Maggiore Prestisimone, siciliano, che cambiava carro a mano a mano che glielo uccidevano sotto”, come fosse un cavallo, fino a perderne tre uno dopo l'altro in una giornata.

Nella giornata del 4 novembre, mentre contemporaneamente per quattro ore trecento carri britannici vennero trattenuti da trenta carri tedeschi a Nord della Ariete, sud la 10ª Divisione corazzata britannica dotata di carri medi M4 Sherman, Grant e Crusader si lanciava addosso al XX Corpo italiano incardinato sull'Ariete con i suoi M13/40, in un rapporto di forze che è difficile ricostruire ma che secondo diversi storici non fu, al limite, inferiore a quello delle truppe di Berlino. Arrivando a utilizzare ogni arma, dalle bombe a mano a molotov improvvisate, per fermare i carri armati britannici, l'Ariete impose un pesante tributo in termini di perdite ai nemici, ma fu infine costretta a ripiegare, travolta, sommersa. Menttre 30mila fanti italiani cadevano prigionieri, le forze dell'Asse iniziarono a ripiegare, sia per le capacità tattiche di Rommel, che per l'estrema prudenza di Montgomery, coperte dalla scelta di immolarsi delle truppe dell'Ariete. Alle 15.30 del 4 novembre al comando italiano arrivò il celebre messaggio del generale Francesco Arena: "Carri armati nemici fatto irruzione sud Divisione Ariete. Con ciò Ariete accerchiata, trovasi 5 km nord-ovest Bir-el-Abd. Carri Ariete combattono".

Nella battaglia la divisione scomparve combattendo, furono annientati e dispersi tutti i battaglioni carri, tranne il XIII, il reggimento bersaglieri e le batterie di semoventi. Due giorni dopo anche il XIII Battaglione Carristi M, l'unico sopravvissuto con non più di venti carri all'azione dei giorni precedenti, subì la stessa sorte vicino a Fuka. L'Ariete, scrisse Rommel, aveva combattuto con coraggio e lo stesso generale svevo riconobbe che dai suoi uomini "avevamo sempre preteso più di quanto fossero in grado di fare con il loro cattivo armamento". Nella disfatta egiziana l'Ariete, assieme alla Folgore, fu la divisione che più si coprì di gloria militare.

Una gloria tragica, figlia dell'impreparazione di buona parte delle forze armate italiane a un conflitto impari, ma che desta ammirazione per la sincerità del cimento dei combattenti italiani che, quasi settant'anni fa, sfidarono i giganti corazzati alleati sapendo di correre il rischio di andare incontro a una morte tutt'altro che incerta.

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