Non fermatevi alla copertina, il titolo è un inganno. "Contro la folla" (edizioni Passaggio al Bosco) non è un compendio dei tanti dpcm che da diversi mesi a questa parte hanno ridisegnato il perimetro delle nostre esistenze. Non è un invito alla prudenza né all’astensione dallo shopping natalizio e alla pedissequa osservanza delle regole anti-contagio.
Non è stato neppure sottoposto alla validazione di un comitato di esperti. Anzi. È un pamphlet politicamente scorretto, scritto da Emanuele Ricucci, giornalista, scrittore, assistente di Vittorio Sgarbi e soprattutto provocatore. E allora non deve stupire il titolo che mette fuori strada. La folla di cui parla l’autore non va rifuggita per ragioni squisitamente sanitarie. C’è di più. Ben prima che questo virus sconvolgesse le nostre abitudini, rendendoci copie conformi, l’involuzione antropologica dell’uomo in uomo-folla era già un fatto compiuto.
Ma chi è l’uomo-folla? Risponde a questo interrogativo l’autore, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta alla Camera dei deputati con la partecipazione di Vittorio Sgarbi, autore della prefazione, l’onorevole di Fratelli d’Italia Paolo Trancassini ed Emanuele Merlino, responsabile della cultura per il Lazio di Fratelli d’Italia.
"L’uomo-folla – spiega Ricucci – è il peggioramento dell’uomo-massa, ne è l’evoluzione in termini di sviluppo della tecnologia, della scienza, delle vie del benessere, è l’uomo massa 2.0. L’uomo-folla è l’uomo-massa del 2000, postmoderno, poiché totalmente abbandonato ai precetti imposti dal pensiero unico, che compone un inno al conformismo, ai suoi non luoghi, ai suoi modi, alle sue novità, tra fake news, percezione del reale e l’illusione della partecipazione globale".
La differenza tra folla e massa è cruciale. "La parola massa – spiega Sgarbi – indica una condizione di tentativo di riscatto sociale, è massa per esempio quella del dipinto il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, quella è una massa in sciopero, la folla è invece un’articolazione sociale disorganizzata, come quella che abbiamo visto assembrarsi nei negozi per spendere i buoni del governo". È la fotografia del nostro popolo.
"Un popolo clitorideo, che – annota Ricucci – gode ad ogni stimolazione indotta dalla politica, ancor meglio dalla comunicazione politica, che emana il barbarico urlo di raccolta alla battaglia sul tema del giorno". E il giorno dopo è pronto a cambiare lato della barricata. È la democrazia liquida bellezza. Un pericoloso minestrone dove emozioni e giudizi sentimentali, sapientemente evocati dai social media manager di turno, hanno ormai preso il posto della razionalità e del giudizio critico.
È quello che il docente e scrittore spagnolo Manuel Arias definisce "sentimentalismo tossico". Ed è su questo che fior fiore di esponenti politici fanno leva per accrescere il proprio consenso. "Per raggiungere il potere – scrive Arias – il politico deve suscitare emozioni, contraddicendo sempre la ragione". Un utilizzo "marcio" dell’empatia parecchio in voga ai giorni d’oggi.
C’è Giuseppe Conte, che è riuscito a nascondere sotto il tappeto la polvere della sua inadeguatezza e a conquistare lo scettro di leader più apprezzato dagli italiani giocando con le loro paure. Ci sono poi quelli del partito "restiamo umani", che continuano a tenersi a galla grazie ai sentimenti di umana pietà che invocano ad ogni sbarco. L’empatia diventa così un’efficace arma ideologica.
C’è un rimedio a tutto questo? Secondo l’autore, l’antidoto è il sovranismo. Un sovranismo maturo, che vada oltre le bagatelle e gli slogan. Un sovranismo a cui spetta l’ardito compito di sviluppare anticorpi alle follie del progresso. Come? "Declinandosi – sostiene Ricucci – in un vero e proprio movimento culturale, e non solo in una politica di reazione antiallergica spontanea e ancora lontana dall’essere organizzata". La sfida è sul tavolo. L’onorevole Paolo Trancassini ed Emanuele Merlino sono pronti a raccoglierla.
"L’egemonia culturale esercitata dal pensiero unico è un assunto indiscusso. L’impegno di Fratelli d’Italia, in particolare del coordinamento regionale del Lazio, è lavorare per uscire dal ghetto e porre la nostra cultura dove merita di stare", promette Trancassini.
"Il libro di Ricucci svela le nostre colpe.
Ora – aggiunge Merlino – è tempo di coordinare gli sforzi, superare le diffidenze che frenano un ambiente troppo spesso litigioso e promuovere attraverso la cultura la nostra visione del mondo. Per farlo non si può non partire dagli enti locali e da chi può promuovere la cultura di prossimità". Verso un sovranismo a misura d’uomo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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