Quella grata che imprigiona le nostre storie

L'installazione di Francesca Leone alla Triennale di Milano: tra mozziconi di sigarette. E mozziconi di coscienza

Quella grata che imprigiona le nostre storie

La «grata» di Francesca Leone (in mostra alla Triennale di Milano fino al 18 ottobre) è piena di mozziconi di sigarette. In qualche caso, attorno al filtro, sono impresse tracce di rossetto. Quelle donne che fumavano chi erano? Dove andavano? Cosa pensavano? La grata di Leone (che, detta così, fa pensare alla gabbia di un artistico Circo Barnum) ha catturato un frammento della loro anima, imprigionandolo nell'interstizio metallico dell'inferno metropolitano. Calpestando l'installazione di questa ragnatela di ferro, «impreziosita» di rifiuti (plastica, carta, chiavi, monete, sassi, rifiuti vari), la mente corre verso due possibili letture: la prima, superficiale, legata a un demagogico catastrofismo ambientale; la seconda, profonda, intimamente connessa alla palingenesi del tempo (senza tempo) delle storie universali: tutte diverse a modo loro, tutte «uguali» anche se rigorosamente declinate al singolare. Francesca Leone stimola il pensiero. E, di questi tempi, non è poco. Il progetto si intitola «Our Trash».

Noi avremmo evitato la parola «trash», che fa parte di un'immondizia linguistica difficile da smaltire. Ma forse la scelta lessicale di Leone non è casuale. Ci piace immaginare che voglia dirci che una «via di fuga» è sempre possibile. Magari tra le strette maglie rettangolari di una grata. Della nostra coscienza.

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