A lezione in Aula Magna. Seguirlo era un piacere

Era l'inizio degli anni Ottanta e il professor Giovanni Reale era la prova vivente che a Filosofia eravamo capitati nel posto giusto

Giovanni Reale con Ermanno Olmi alla Milanesiana, nel 2008
Giovanni Reale con Ermanno Olmi alla Milanesiana, nel 2008

«Io passo per platonico, ma sono aristotelico». E noi matricole, che già non avevamo le idee chiarissime, in tema di filosofia (altrimenti non saremmo stati lì) ci scambiammo occhiate interrogative. Eravamo a lezione in Aula magna, alla Cattolica di Milano, molti di noi non per motivi confessionali, ma semplicemente per dare, all'ultimo segmento del nostro corso di studi, maggior rigore, dopo i bagordi liceali. Era l'inizio degli anni Ottanta e il professor Giovanni Reale «dalla vasta fronte» proprio come Platone, era la prova vivente che eravamo capitati nel posto giusto. La sua Storia della filosofia antica , prima di studiarla la leggevamo , come poi avremmo studiato leggendoli Essere e Tempo di Heidegger e le Ricerche logiche di Husserl. Leggere era un piacere, e dunque studiare diventava un dovere piacevole, la quadratura del cerchio. Dai presocratici, letti-studiati sul Diels-Kranz, due volumoni Laterza che divennero per noi una specie di Bibbia dei viandanti fra i chiostri, fino ai neoplatonici, Reale fu il nocchiero della nostra «seconda navigazione» (l'immagine platonica su cui insisteva più che su tutte le altre): ci mise in mano i remi e ci esortò a vogare.

Un giorno a lezione si trattava proprio del Fedone , e uscì questa frase, attribuita da Platone agli iniziati dei misteri eleusini: «i portatori di ferule sono molte, ma i Bacchi sono pochi», cioè i cortei in onore del dio sono pieni di comparse, ma quelli che lo impersonano si contano sulle dita di una mano. Il professor Reale era un Bacco.

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