Tolkien? Un vero liberale: i suoi Hobbit sono pacifici nemici del governo statalista

Il nuovo saggio «Hobbit Party» rilegge l’opera dello scrittore inglese in una nuova luce: un liberal-conservatore che applicò alla Terra di mezzo i principi dello «Stato minimo»

Tolkien è stato tirato per la sua giacca di tweed innumerevoli volte, da destra e da sinistra: interpretato in chiave cristiana, hippie, fascista, anarchica, occidentalista, ecologista, rivoluzionaria... Il professore era robusto, come gli Hobbit, e ha resistito a tutto, persino ai Wu Ming che lo hanno scoperto dopo i film di Peter Jackson, figuriamoci. Quello che mancava, però, era un libro che spostasse il baricentro di Tolkien dall’asse conservatore (lo scrittore era un convinto tradizionalista) a quello liberal-conservatore, in una prospettiva politica ed economica. Ecco. Il saggio Hobbit Party, sottotitolo «Tolkien e la visione della libertà che l’Occidente ha dimenticato», scritto da Jonathan Witt e Jay W. Richards (D’Ettoris, pagg. 350, euro 23,90; in libreria alla fine della prossima settimana e di cui in questa pagina pubblichiamo un brano) ripercorre le storie della Terra di Mezzo, e la vita sociale degli Hobbit nella Contea, attraverso alcuni temi cari sia a Tolkien sia ai veri liberali: i limiti dello Stato («la Contea non aveva in quel tempo un vero e proprio “governo”, ogni famiglia si occupava dei suoi affari»), il potere (Tolkien si opponeva fermamente alle proposte di dare alla classe politica del suo tempo più poteri di quanto già avesse), la proprietà privata (inviolabile), la libertà di scambio e associazione (che vige a Hobbiville), la dottrina della guerra giusta (il sottotenente dei Lancashire Fusiliers conosceva bene l’orrore della guerra ma era convinto che la libertà si difende anche con la guerra), lo Stato minimo (di cui Tolkien era fautore)... Insomma, Tolkienomics in un romanzo fantasy. Chi l’avrebbe detto?E a dirlo, con la pubblicazione di Hobbit Party - citazione della festa che celebra le virtù di Frodo e della Contea, la nobiltà d’animo, la verità e la bellezza, e allusione ai Tea Party conservatori - sono le edizioni D’Ettoris di Crotone, fondate nel 2003 da Pino D’Ettoris, e oggi gestite dal figlio Antonio. Una casa editrice che ci tiene a definirsi cattolica e che lavora sporcandosi le mani con i nodi del dibattito storico di ieri e le questioni più urgenti di oggi.

Ha pubblicato Roger Scruton (Essere conservatore), gli studi «critici» dell’inglese Christopher Dawson sulla Rivoluzione francese, gli scritti sull’Europa di Gonzague de Reynold, e poi testi contro l’ideologia gender e sulla decadenza dell’arte contemporanea e, appunto, la storia di come in un buco del terreno vivesse un pacifico Hobbit nemico del governo statalista.

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