Cupole metalliche nel femore per guarire prima

Felicita Donalisio

Grazie allo sviluppo della chirurgia e all’evoluzione tecnologica nel campo dei biomateriali, oggi la protesi d’anca non è più l’unica soluzione chirurgica per i pazienti con patologie dell’anca.
L’alternativa principale è l’artroplastica di rivestimento: «Ampiamente utilizzato nei Paesi anglosassoni, questo intervento mini-invasivo si basa sulla conservazione della testa femorale e sull’uso di materiali metallici praticamente privi di usura», spiega Antonio Moroni, professore associato alla Clinica ortopedica dell’università di Bologna (diretta dal professor Sandro Giannini), presso la quale la metodica è stata validata e viene ora regolarmente eseguita. Grazie a una convenzione tra l’Istituto Ortopedico Rizzoli, sempre a Bologna, ed il centro ortopedico Quadrante di Omegna (Verbania), l’intervento viene ora eseguito dal professor Antonio Moroni anche in questa struttura (a.moroni@ior.it) e durante l’anno in corso ha eseguito circa un centinaio di interventi di questo tipo, oltre a numerosi interventi per il trattamento dell’artrosi di ginocchio. «In pratica, la superficie articolare del bacino e la testa del femore vengono rivestite da due sottili cupole metalliche, sostituendo esclusivamente la cartilagine usurata dove ha di solito sede la malattia. Sia la testa sia il collo del femore – che nell’intervento tradizionale di protesi d’anca subiscono la totale asportazione - vengono conservati, e lo stesso canale femorale rimane intatto».
I vantaggi sono molteplici:«I sanguinamenti durante e dopo l’intervento vengono ridotti in maniera significativa, con conseguente minor rischio di trasfusioni», spiega Antonio Moroni. «Proprio grazie alla miniinvasività della metodica, inoltre, sono ridotti al minimo sia il rischio di quelle complicazioni “tipiche” delle protesi d’anca (per esempio, infezioni, differente lunghezza delle gambe dopo l’intervento, lussazioni) sia i tempi di recupero dopo l’intervento, tant’è vero che, spesso, la fisioterapia post-operatoria non è ritenuta necessaria e già solo dopo un mese dall’intervento, il paziente è in grado di camminare senza bastoni».
Anche il risultato funzionale è nettamente migliore, tale da consentire il ritorno ad attività sportive anche intense o addirittura di tipo agonistico: «Fra i pazienti operati in Inghilterra vi sono sportivi di grande rilievo, fra i quali un campione di judo che, dopo l’intervento ha vinto la medaglia d’oro al campionato del mondo», commenta il chirurgo, che esegue questo tipo di intervento secondo la tecnica originale sviluppata nove anni fa a Birmingham, in Inghilterra, dal dottor McMinn e appresa durante uno stage in loco. «Anche nella nostra casistica personale, del resto, vi sono sportivi importanti e persone che dopo l’intervento sono ritornate con soddisfazione all’attività agonistica».
Un altro aspetto positivo (e non certo meno importante!), è quello della minore usura: la conservazione del corretto diametro della testa del femore e l’utilizzo di un particolare biomateriale (una lega metallica in parte ceramizzata) assicurano infatti risultati impensabili per le protesi d’anca e sono in grado di soddisfare anche le aspettative dei pazienti più esigenti.

«L’artroplastica di rivestimento è particolarmente indicata nei giovani, ma può essere utilizzata in qualsiasi soggetto, a condizione che l’osso sia in buono stato e la testa del femore sufficientemente conservata», conclude il professor Moroni. «Un ulteriore vantaggio è che, in caso di un re-intervento, il paziente si troverà in una situazione analoga a quella di chi affronta un intervento di protesi d’anca per la prima volta».

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