"Dama con l'ermellino", l'amore assoluto ed esclusivo in uno sguardo sfuggente

L'opera di Leonardo che ritrae Cecilia Gallerani è il ritratto più enigmatico del Rinascimento

"Dama con l'ermellino", l'amore assoluto ed esclusivo in uno sguardo sfuggente
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Di tutti i ritratti del Rinascimento, il più misterioso, il più enigmatico, il più segreto, è certamente la Dama con l'ermellino, che sembra volerci confidare un segreto, senza parlare, senza guardarci, intensa e sfuggente. Non vuole parlare a molti, a tutti, ma solo a te, che la guardi in silenzio, solo con lei, anche fra mille altre persone. È una condizione speciale, una dimensione psicologica che lei stessa crea, con la sua presenza. Fino a non molti anni fa la Dama con l'ermellino di Leonardo difendeva la sua riservatezza a Cracovia, fra pochi altri quadri, nelle stanze discrete di palazzo Czartoryski. Era come andarla a trovare a casa, in quella luminosa Villa di San Giovanni in Croce, vicino a Cremona dove la dama dell'ermellino, Cecilia Gallerani, abitò. Da poco più di un anno, eletta, si è trasferita nella sede più solenne del museo nazionale di Cracovia. Ma anche lì pretende la sua solitudine, che non è isolamento, indolenza, ma devozione, desiderio di non essere distratta, disturbata. Leonardo così la volle, osservandola giovane e indomita nel periodo 1488-1490, in coincidenza con l'attribuzione del titolo di cavaliere dell'ordine dell'Ermellino a Ludovico il Moro da parte del re di Napoli.

L'ermellino parla di lui. L'identificazione con la giovane amante del Moro si basa sul sottile rimando che rappresenterebbe, ancora una volta, l'animale: l'ermellino, infatti, oltre che simbolo di purezza e di incorruttibilità (annotava lo stesso Leonardo che «prima si lascia pigliare dai cacciatori che voler fuggire nell'infangata tana, per non maculare la sua gentilezza», cioè il mantello bianco), si chiama in greco galé, che alluderebbe al cognome della fanciulla. Il dipinto fu concepito da Leonardo durante il suo primo soggiorno milanese. L'intuizione del ritratto è assolutamente originale, e attesta una condizione psicologica totalmente opposta a quella della Gioconda. La dama con l'ermellino non guarda in camera, non incrocia il nostro sguardo, ci esclude. Guarda, perdutamente, da una parte, nella direzione di una sola persona che potrebbe, a sua volta, guardarla. Non è necessario che essa sia il pendant di un dittico che dovrebbe rappresentare anche l'amato. Leonardo ne fa sentire la presenza dentro di lei. Se la Gioconda è la donna di tutti, che a tutti si concede, la Dama con l'ermellino si concede a uno solo, indifferente a noi. La sua distanza è distanza da tutti meno che da uno solo: l'amato. Leonardo rappresenta lo stato d'animo di una assoluta dedizione, di un amore incondizionato. La sua è la più alta espressione d'amore. Leonardo intende nella Dama con l'ermellino rappresentare l'amore assoluto. Cecilia manifesta una suprema indifferenza a ogni altro uomo che non sia l'amato: la sua forza è nella sua fedeltà, l'esempio più alto di amore esclusivo. È sorella di Piccarda Donati nel Paradiso, nella obbedienza, nell'amore senza limiti, e senza ambizione: «Frate, la nostra volontà quïeta/ virtù di carità che fa volerne/ sol quel ch'avemo, e d'altro non ci asseta./ Se disïassimo esser più superne,/ foran discordi li nostri disiri/ dal voler di colui che qui ne cerne;/ che vedrai non capere in questi giri,/ s'essere in carità è qui necesse,/ e se la sua natura ben rimiri.

/ Anzi è formale ad esto beato esse/ tenersi dentro a la divina voglia,/ per ch'una fansi nostre voglie stesse;/ sì che, come noi sem di soglia in soglia/ per questo regno, a tutto il regno piace/ com'a lo re che 'n suo voler ne 'nvoglia./ E 'n la sua volontade è nostra pace:/ ell'è quel mare al qual tutto si move/ ciò ch'ella crïa o che natura face».

Appunto: «e 'n sua volontade è nostra pace». Come per Cecilia.

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