De Vecchi, l’Et delle Olimpiadi "Telefono a casa, anche se perdo"

È l’italiano che ha gareggiato nella Bmx, la sfida delle biciclettine rese famose dal film di Spielberg: "Se sono a Pechino è grazie alla mamma". Laureato con 110 e lode ha scelto di lanciarsi a 70 all'ora: "E' vera adrenalina"

De Vecchi, l’Et delle Olimpiadi "Telefono a casa, anche se perdo"

Pechino - A bordo pista del Lashan field c’è molta puzza sotto il naso. La si avverte respirando a pieni polmoni. Non odora di marcio ma di snobismo olimpico. Addetti ai lavori, cultori dello sport a cinque cerchi ed esegeti vari del gesto atletico sono convinti che la Bmx ai Giochi sia peggio di un monaco tibetano nella città proibita. Un’eresia, di più, una palese violazione dell’ordine costituito.

Manuel De Vecchi, invece, se la ride. Avrebbe un futuro da commercialista o da manager d’industria ad attenderlo, ma preferisce che mamma «porti avanti la cartoleria che ho messo su perché così posso continuare a coltivare la mia passione» dice col tono pacato del veronese che se ne infischia dei benpensanti. Manuel ha 27 anni e un 110 e lode in Economia che per il momento non gli pesano, lo fanno stare tranquillo e hanno tacitato famiglia, parenti e amici. Con i voti ha dimostrato di non essere uno che gioca soltanto con la cruda e scarna biciclettina monomarcia di E.T. Perché lo sa lui e lo sa chi è più vecchio di lui: la Bmx venne scoperta dal grande pubblico italico quando i ragazzini di E.T volarono e pedalarono in cielo davanti alla luna nel famoso film.
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anuel non dice «telefono casa» come l’extraterrestre di Spielberg ma dice «telefonerò subito a casa qualsiasi risultato ottenga perché è alla pazienza e all’aiuto dei miei cari che devo tutto ciò che sono riuscito a ottenere fin qui... senza mia mamma che porta avanti la cartoleria al posto mio non ce l’avrei fatta». Mentre permane e si diffonde la puzza sotto il naso di chi ha mal digerito la prima volta olimpica di questa specialità, basta voltarsi un istante verso gli spalti per accorgersi che più sopra non c’è puzza ma vero godimento. Famiglie e ragazzini, tanti ragazzini, che si divertono guardando queste gare lampo fatte di mille salti ed evoluzioni e derapate e capitomboli. «Noi - racconta Manuel - siamo come quelli del motocross, anche il vestito è lo stesso, casco compreso, però non calziamo stivali bensì scarpe da bici: scattiamo in otto, abbiamo davanti un cancelletto di partenza e quando lo abbassano, allora via, ci spariamo giù per la discesa che ha un dislivello secco di otto metri, in pochi secondi raggiungiamo i 70 km all’ora. Poi gestiamo la velocità e le scodate e le impennate della bici lungo i quattrocento metri del circuito. Le curve sono tutte d’asfalto, montiamo gomme semislick, praticamente lisce... Perché è bello piegare e derapare in curva» aggiunge con orgoglio e passione.

«Vincere? Difficile, ci sono i lettoni, e quei due americani che volano» fa professione di umiltà Manuel, «io sono già contento così, anche se mi piacerebbe fare una sorpresa. Diciamo che in questo sport il risultato è figlio per il 90 per cento dell’abilità e per il 10 della fortuna. È facile cadere... Come ho iniziato? Con la nonna. Mi disse: “se ti annoi vieni da me che davanti c’è una pista di biciclettine... vedo i bimbi che si divertono un mondo”. La nonna aveva proprio ragione. Ho 27 anni e non ho più smesso. Adesso alleno quei bimbi sulla pista di Bussolengo... arrivano, provano, s’innamorano e non smettono più».

La gara dura 30 secondi ma «sono attimi di vera adrenalina» conclude Manuel «perché la Bmx è considerata uno sport estremo, spettacolare, a questi livelli si rischia un po’, ma sempre dentro certi limiti».

Anche per questo semifinale e finale previste ieri nella mattina cinese, causa pioggia, sono state rinviate di un giorno. Con le bici di E.T. non si scherza, va bene che i ragazzi volano accanto alla luna ma se cadi sul bagnato finisci dritto su Marte.

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