Berlusconi come Hitler? La sfiga di Umberto Eco è che lui spara cavolate e tutti lo prendono sul serio. La colpa è della maschera. L’etichetta da semiologo, i baciamano di quelli come Fazio, la capacità di dire castronerie senza sorridere. Ci ha provato a cambiare faccia. Via la barba da professorone e spuntano i baffetti da poliziotto belga, in stile Dupont& Dupont. Inutile. Quella di Eco resta una vocazione frustrata: voleva fare il barzellettiere. Solo che i suoi giochi intellettuali sono così raffinati che pochi li capiscono. Sono paradossi della logica, freddure estetiche, orgasmi metalinguistici. Il volgo purtroppo non ride, ma comincia a interrogarsi sui ragionamenti del grande intellettuale ultrasettantenne. Lo intervistano. Lo chiamano maestro. Lo invitano a rodomontiche manifestazioni politiche dove lui gigioneggia convinto che prima o poi qualcuno riconoscerà arguzie e facezie. E invece niente. Saviano lo guarda, fa la faccia seria, si mortifica, gli sanguina il costato per tutto lo sporco del mondo e a quel punto Umberto non ha il coraggio di dire la verità: guarda che stavo buffoneggiando. Così di nuovo è costretto a indossare gli abiti del maestro del pensiero. Eco, insomma, è vittima di un pregiudizio. E con gli anni peggiora. Come se un vecchio non avesse il diritto di dire scempiaggini per divertirsi un po’. Povero briccone. Non sa che ultimamente perfino i suoi amici di cena e sciarade lo prendono sul serio.
L’ultima, per esempio, non l’ha capita proprio nessuno. Ecco cosa ha raccontato, questa volta perfino sorridendo per sottolineare la battuta, lo scrittore quasi Nobel? (A proposito, perché l’hanno dato a quel serioso di Pamuk e a quel tragico commediante di Dario Fo?). Alla Fiera di Gerusalemme arriva da una spalla compiacente la domanda buona per raccontare una sottile barzelletta: «Berlusconi è paragonabile a Gheddafi e Mubarak?». Eco fa l’occhiolino,sorride e risponde serio ( l’ironia nasce dalla contraddizione scenica): «No, il paragone, intellettualmente parlando potrebbe essere fatto con Hitler. Anche lui giunse al potere con libere elezioni. Berlusconi ha vinto con il supporto di una grande maggioranza degli italiani. È piuttosto triste ma è così». Si aspettava la risata, almeno finta, tipo quelle da sit-com. Niente. Tutti di corsa a scrivere la notizia.
Eco sa che il paragone riabilita Hitler. Il peccato del Führer non si chiama propriamente bunga-bunga. E non è una barzelletta. La sera prima infatti rimuginava sul caso di dirla o meno questa battuta. Chissà se qui in Israele si offendono? Eco sa anche, intellettualmente parlando, che la sua boutade non regge. Hitler ha preso il potere con il voto, ma poi ha blindato la Germania, con tanto di cristalli e lunghi coltelli. Berlusconi ha vinto ed è stato sconfitto. Per due volte ha lasciato Palazzo Chigi a Prodi. E il professore bolognese non è stato fatto fuori da un golpe, ma dai traffici di Veltroni, D’Alema e compagnia.Insomma, se Berlusconi fosse davvero Hitler quegli altri sono una banda di incoscienti, bugiardi e masochisti. È per questo che la barzelletta del semiologo non funziona. È sbagliata. Non rispetta la grammatica della logica. Purtroppo non fa ridere. Le intenzioni magari erano buone. La provocazione di Eco aveva un senso. Era un modo per graffiare il popolo Viola, Moretti, Di Pietro, gli amici di Micromega che ossessionati dal Cav continuano a sparare paragoni assurdi e sciocchi: Mubarak, Gheddafi, Saddam, Mussolini. Mancava solo Hitler. E, zac, ci ha pensato Eco. Vogliamo fare a chi la spara più grossa? Serviti. All Inn. Il piatto è suo.
Il guaio è che i barzellettieri devono amare il prossimo. Eco davvero invece disprezza gli italiani. Non li sopporta. È carico di astio.
Quando dice e scrive in Francia o in Germania, in America o in Nuova Guinea che gli italiani non si meritano nulla non bluffa. È quello che pensa veramente. Ma Berlusconi non c’entra nulla. Eco è incazzato perché nessuno ride alle sue battute. È la tragedia di ogni grande comico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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