Il destino si scrive sotto una quercia

Dani Shapiro è nata a New York nel 1962 e vive in Connecticut. Giornalista, scrittrice e docente di scrittura creativa, sta lavorando all'adattamento televisivo di "Segnali di fuoco", pubblicato in Italia da Neri Pozza.

I protagonisti di Segnali di fuoco (Neri Pozza) di Dani Shapiro sono Ben Wilf, un medico in pensione, e Waldo Shenkman, un ragazzino prodigio, che parla solo di stelle. I due si incontrano sotto la protezione di una quercia, un albero dalle radici chilometriche che ha cinquecento anni e che, per gli abitanti di Division Street ad Avalon, Pennsylvania, è una pianta «magica». Nessuno lo sa quanto Ben Wilf: contro quella quercia, venticinque anni prima, si era schiantata una Buick, a bordo della quale c'erano i suoi due figli, Sarah e Theo, e la figlia di una vicina, Misty. Sarah aveva diciassette anni ma aveva bevuto troppa birra; Theo ne aveva soltanto quindici e voleva dimostrare di valere qualcosa, quindi si era messo alla guida. Misty era morta. Ben Wilf aveva cercato inutilmente di salvarla: anzi, aveva peggiorato la situazione, spostandola dal sedile.

La quercia magica tiene, dentro di sé, fra i cerchi del suo tronco che - noterà Waldo molti anni dopo - paiono quasi identici alle impronte delle mani degli uomini, la vita di quella ragazza. Waldo può sentirla: «Lei lancia fili in ogni direzione come onde elettromagnetiche, come infrarossi, lame di luce splendenti e visibili solo al buio. Le onde diventano sempre più lunghe». Per Waldo, una tartaruga che si porta dietro il suo guscio, un bambino geniale che per anni non spiccica una parola, i morti non sono veramente tali: sono polvere di stelle, sono dappertutto. Per Waldo, le costellazioni non sono lucine misteriose nel cielo infinito: sono combinazioni chiare, matematica, astronomia, fisica, chimica. E allora è fra quelle costellazioni, di cui diventerà uno studioso a Berkeley (ambito come dottorando dalle migliori università del Paese) che Waldo trova un senso, e incastra anche la vita, la sua e quella di chi gli è caro e quella di chi incrocia per destino, come Misty, o come Ben Wilf. Un giorno, mentre sparge le ceneri di sua madre Alice (che ha sempre amato, ricambiatissimo) nell'Hudson, prova a spiegarlo perfino a suo padre, con il quale non si sono proprio mai capiti: «La mamma è ovunque». Perché «la materia di certe stelle, quando muoiono, torna nell'universo» e «la polvere stellare, a sua volta, formerà altre stelle. E pianeti».

Con Misty, e con Alice, fra i morti che sono polvere di stelle, «ovunque», c'è anche Mimi, la moglie di Ben Wilf. Waldo incontra anche lei, la vede in un passato che, per lui che è un fisico e ragiona come un fisico, non esiste: esiste una temporalità infinita in cui si vive per sempre, sparsi come materia stellare, e in cui ci si può sfiorare, se gli ingranaggi si muovono in una certa direzione. Anche la narrazione di Dani Shapiro si muove avanti e indietro, dal 1985 al 2010, dal 1970 al 2020, senza remore di seguire una «linearità temporale» (è stata, una volta, Jennifer Egan a suggerirlo all'autrice). E questa (a)temporalità tiene in vita una pluralità di protagonisti, che si dispiega come i rami della quercia di Division Street: non solo Ben e Waldo ma, anche, Theo e Sarah, Sarah e il marito, Waldo e suo padre, Shenkman e Alice, Mimi e Ben, Waldo e Mimi, Sarah e Misty, Misty e Theo... Perché tutti sono collegati come se fossero «parte di un superammasso di galassie» (non sveliamo come, ma la trama di Shapiro è, anch'essa, una costellazione).

E, fra tutti loro, c'è un buco nero: è pieno dei segreti che segnano la nostra vita, quelli che ci portiamo dentro, come lo spirito di una ragazza morta dentro il tronco di una quercia centenaria, che può uscire, e liberarsi, solo quando trova chi sia pronto ad accoglierlo.

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