Di fronte alle immagini della catastrofe in Giappone è difficile non reagire con emotività. Davvero la paura del nucleare è ingiustificata? Se lo domanda una nostra lettrice, come mostrano le righe qui sotto. E risponde Paolo Del Debbio, spiegando perché non dobbiamo lasciarci condizionare.
Quel che è successo nelle centrali nucleari in Giappone non è da prendere sottogamba. Ovvio. Quello che è successo in Giappone non può autorizzarci a ritirarci dai progetti nucleari. Altrettanto ovvio. Almeno per noi.
Gli effetti della catastrofe giapponese hanno un coté nucleare che preoccupa anche la comunità scientifica meno apocalittica. Circola ancora un certo buon senso anche da quelle parti. E, a parte qualche scienziato che i dogmatici del Concilio di Trento gli fanno un baffo, è naturale che convengano con noi mortali riguardo qualche preoccupazione per noi e, come è giusto dire, per i nostri figli.
Detto questo, in Italia dobbiamo tornare a zero, cioè al 1987, al referendum che cancellò il futuro nucleare del nostro Paese? Se ne può discutere, ma è certo che non lo si può fare portando a giustificazione della seconda marcia indietro quel che è successo in terra nipponica.
Tanto per cominciare è chiaro a tutti che quello che è successo nell’impianto di Fukushima è stato qualcosa che ha principalmente a che vedere con la tenuta della costruzione circondante il reattore e non il reattore stesso. Più che un problema di tecnologia nucleare si è trattato di un problema di costruzione dell’edificio la cui tenuta al terremoto è pari a 8 cioè inferiore a quella del sisma che ha colpito la zona dell’impianto. Del resto di sapeva dal 1991 che c’erano già varie crepe in varie parti a partire dalle tubature d’acciaio che portano l’acqua del circuito di raffreddamento. Ed ecco il secondo problema: è saltato l’impianto elettrico e si sono arrestate le pompe del circuito di raffreddamento. In tutt’e due i casi non si tratta specificamente di tecnologia nucleare ma di fattori ( fondamentali) di contorno che, se costruiti come si deve, possono garantire un elevato grado di sicurezza.
Un’altra chimera è quella relativa alla pericolosità del nucleare e alla totale sicurezza di tutte le altre fonti energetiche. Balla travestita da chimera. Carbone: 7.000 morti l’anno dei quali 5.000 nella sola Cina. Gas naturale: nel 1983 in Messico 55 persone morte, 7.000 ferite, 300.000 abitanti evacuati. Petrolio: nel 1998 a Warri in Nigeria 500 morti, nel 1994 a Seul 500 morti. E si potrebbe continuare anche senza ricordare i 2000 morti del Vajont, cioè idroelettrico.
Detto questo c’è chi liquida il problema sostenendo che le energie rinnovabili potrebbero sostituire tranquillamente il nucleare e tutte le altre compreso il petrolio, il gas e il carbone, quelle inquinanti. Peccato che già ad oggi la capacità di spesa delle imprese e delle famiglie del nostro Paese sono gravate, a causa della mancanza dell’energia nucleare, del 30% in più.
Infine andrà pur considerato il fatto che il reattore di Fukushima è a cavallo tra la prima e la seconda generazione ed oggi siamo alla terza e quarta generazione. Conterà qualcosa la previsione di molti studiosi secondo i quali le riserve di petrolio, carbone e gas, ai consumi attuali, durerebbero per un arco di anni tra 100 e 200? E conteranno o no i costi delle rinnovabili che sono molto superiori a tutte le altre forme di energia e che di fronte a costi medi degli impianti di petrolio, carbone, gas e biomasse idroelettrico eolico, fotovoltaico e geotermico hanno costi alti? Anche il nucleare ha costi alti ma compensano l’altissima energia contenuta.
E che siamo circondati dalle centrali nucleari dalle quali ci approvvigioniamo di energia per il nostro fabbisogno energetico (in totale dipendiamo per l’87% dall’estero) in Francia,
Svizzera, Germania, Austria e Slovenia? Lì va tutto bene? Se viene da pochi chilometri siamo al sicuro?Il Giappone preoccupa ma preoccupa egualmente l’insipienza di un dibattito che, tra l’altro, abbiamo già visto e fatto.
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