Palermo - Diciannove anni fa, alle 16.58 del 19 luglio 1992, un'autobomba allestita con oltre un quintale di esplosivo, trasformava in un inferno via D'Amelio a Palermo. Neanche due mesi dopo la strage di Capaci, questa volta la mafia aveva cancellato per sempre con il tritolo l'esistenza terrena del giudice Paolo Borsellino, l’erede naturale di Giovanni Falcone all’interno del pool antimafia. Insieme al giudice persero la vita i suoi cinque agenti di scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. In poche ore immagini di una Palermo come l’Iraq fecero il giro del mondo mostrando gli effetti della potentissima deflagrazione, che oltre a lasciare sul terreno sei corpi straziati, rappresenta ancora oggi una cicatrice indelebile nella storia repubblicana del Paese. Dietro via D'Amelio i contorni incerti e troppo sfumati di un mondo reticente, dopo 19 anni, a rivelare i nomi di quelli che furono i reali mandanti ed esecutori di un attentato tanto violento al cuore della magistratura.
Il messaggio del Colle "A diciannove anni di distanza, il sacrificio di Paolo Borsellino richiama la magistratura, le forze dell'ordine e le istituzioni tutte a intensificare, con armonia di intenti e spirito di effettiva collaborazione, l'azione di contrasto delle mafie e delle sue più insidiose forme di aggressione criminale". Così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato ad Agnese Borsellino, vedova di Paolo Borsellino, nel giorno del 19esimo anniversario della strage di via d'Amelio, in cui persero la vita, oltre al magistrato anche cinque giovani della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. "La strage - scrive ancora il capo dello Stato - rappresentò il culmine di una delle fasi più gravi e inquietanti della sanguinosa offensiva della criminalità organizzata contro le istituzioni democratiche".
Fini: "Alla ricerca della verità" "Sono qui perché sono alla ricerca della verità, altrimenti non sarei venuto". Lo ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini, parlando con Salvatore Borsellino e i ragazzi delle "Agende rosse "in via d'Amelio, luogo della strage in cui il 19 luglio di 19 anni fa morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. Replicando alle critiche mosse sia da Borsellino che dal popolo delle ’Agende rossè secondo cui non sarebbe opportuna la presenza di rappresentanti istituzionali "perché è stata una strage di Stato", il presidente della Camera sottolinea: "A parte la politica e la propaganda avete ragione a cercare la verità, perchè la verità è un diritto". E ha ribadito: "sono qui come presidente della Camera perchè noi tutti sentiamo il dovere di commemorare Paolo Borsellino". E il fratello del giudice, Salvatore, ha risposto: "accettiamo l’omaggio del presidente della Camera ma non vogliamo altre istituzioni".
E proseguendo nel discorso informale con il popolo delle "Agende rosse" Fini ha spiegato: "Una della frasi più belle di Paolo Borsellino era "un giorno questa terra sarà bellissima, auguriamoci che un giorno tutta l'Italia sarà bellissima".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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