È un interrogativo che ci si pone probabilmente da decenni: ma bere del vino fa bene o danneggia la salute? A dare nuove risposte ci ha pensato uno studio spagnolo portato avanti dall'Università di Barcellona e dell'Hospital Clinic della città catalana che ha evidenziato i rischi ridotti di incorrere in gravi malattie cardiovascolari se il vino viene assunto in piccole e modeste quantità.
Lo studio sull'acido tartatico
La ricerca è stata appena pubblicata sull'European Heart Journal prendendo in esame lo studio Predimed sull'acido tartarico urinario come biomarcatore del consumo di vino e del rischio cardiovascolare. In pratica, i ricercatori hanno cercato maggiori risposte nelle quantità di questo acido organico, una sostanza chimica, con analisi delle urine degli oltre mille partecipanti. Il consumo di vino è stato registrato utilizzando questionari di frequenza alimentare convalidati e l'acido tartatico misurato tramite strumenti ad hoc all'inizio dello studio e dopo un anno. Ebbene, "concentrazioni di 3–12 e 12–35 μg/mL che corrispondondono a circa 3–12 e 12–35 bicchieri/mese di vino, sono state associate a un rischio inferiore di contrarre malattie cardiovascolari", scrivono gli studiosi sulla loro ricerca.
"Misura oggettiva e affidabile"
Insomma, al massimo sono consentiti 35 bicchieri di vino al mese ma le nuove evidenze scientifiche dimostrano che i benefici si ottengono anche bevendone molti di meno, circa una dozzina, in pratica meno di un bicchiere ogni due giorni. Tutto questo è dato dalle concentrazioni dell'acido tartarico compreso tra i valori appena descritti e che i riceratori considerano una "misura oggettiva e affidabile" sulle quantità di vino consumate. "Un consumo di vino da leggero a moderato, misurato attraverso un biomarcatore oggettivo (acido tartarico), è stato associato in modo prospettico a un tasso inferiore di malattie cardiovascolari in una popolazione mediterranea ad alto rischio cardiovascolare", concludono.
Gli effetti della dieta mediterranea
Questa parte sul vino è stata estrapolata da uno studio più grande che ha indagato gli effetti della dieta mediterranea fatta di verdure, frutta, olio d'oliva e pesce su una platea di persone che aveva, già di partenza, possibilità più alte di contrarre malattie cardiovascolari. Nessuno di loro all'inizio dello studio aveva questa problematica ma erano presenti fattori di rischio tra cui diabete di tipo 2, pressione e colesterolo elevati così come obesità e fumo. Il nuovo parametro preso in esame, l'acido tartarico, serve soltanto a capire se negli ultimi cinque o sei giorni un paziente aveva mangiato uva o assunto dei prodotti derivati con i risultati sopra descritti.
Il commento dei ricercatori italiani
Con un editoriale pubblicato sempre sull'European Heart Journal, tre ricercatori italiani hanno voluto commentare lo studio sottolineando l'importanza del nuovo marcatore, l'acido tartarico. "A differenza dei dati auto-riportati, i livelli di acido tartarico urinario possono quantificare oggettivamente il consumo di vino, riducendo così il potenziale di classificazione errata e distorsioni negli studi su alcol e risultati sulla salute". Adesso, dunque, con l'utilizzo di un biomarcatore oggettivo si potranno fare passi in avanti sulle misure relative al consumo di vino "che potrebbe aiutare a risolvere alcuni dei dibattiti in corso sugli effetti dell'alcol sulla salute".
Infine, questi risultati "suggeriscono che il consumo di vino in condizioni di vita reale, non influenzato dalle influenze spesso artificiali di un contesto di sperimentazione clinica, potrebbe avere un impatto più benefico sulla salute cardiovascolare di quanto si pensasse in precedenza".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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