Le paure della Russia e lo scudo sugli alleati: cosa c'è dietro la nuova dottrina nucleare

La Russia vuole adeguare la sua dottrina di impiego delle armi nucleari in base alle considerazioni emerse durante la guerra in Ucraina. Ecco secondo noi come potrebbe cambiare

Le paure della Russia e lo scudo sugli alleati: cosa c'è dietro la nuova dottrina nucleare

Il primo settembre, il viceministro degli Esteri della Federazione russa, Sergei Ryabkov, ha reso noto attraverso la Tass che Mosca cambierà la sua dottrina nucleare sulla base dell'analisi dei recenti conflitti e delle azioni occidentali in connessione con “l'operazione militare speciale”. In particolare, come ha affermato il giorno successivo lo stesso Ryabkov, la Russia adeguerà i fondamenti della politica statale nel campo della deterrenza nucleare che specificano i parametri e le condizioni per l'utilizzo di armamento atomico.

Cosa dice ora la dottrina russa

A giugno 2020 il Cremlino aveva aggiornato la dottrina russa di impiego delle armi nucleari con un decreto in cui si poteva leggere che la la politica statale nel campo della deterrenza nucleare è di natura difensiva, mirante a mantenere il potenziale delle forze nucleari a un livello sufficiente a garantire la deterrenza nucleare, e a garantire la protezione della sovranità e dell'integrità territoriale dello Stato, scoraggiando un potenziale nemico dall'aggressione contro la Federazione Russa e (o) i suoi alleati, e in caso di conflitto militare impedendo l'escalation delle ostilità e favorendo la loro cessazione a condizioni accettabili per la Federazione Russa e (o) i suoi alleati.

Qui Mosca riafferma il principio del primo utilizzo di un'arma nucleare (first use), ma solo qualora fosse in corso un attacco atomico, venisse minacciato il deterrente nucleare russo (anche in modo convenzionale o attraverso strumenti cyber), se venisse minacciata l'esistenza (e integrità) stessa della Federazione anche con forze convenzionali, ma soprattutto per porre fine a un conflitto a condizioni favorevoli per la Russia.

Quest'ultimo punto si può leggere come un approccio dottrinario del tipo escalate to de-escalate: ovvero aumentare il livello dello scontro per porvi termine. Nel mondo militare una situazione simile viene rappresentata e normata secondo la dottrina dell'impiego limitato di forze nucleari (risposta flessibile), ovvero utilizzando le armi nucleari non strategiche: qualcosa postulato, se pur in modo diverso, sia dalla Russia sia dalla Nato.

Ancora nel documento edito nel 2020 possiamo leggere che la Federazione russa considera le armi nucleari esclusivamente come un mezzo di deterrenza, il cui utilizzo rappresenta una misura estrema e forzata, e compie tutti gli sforzi necessari per ridurre la minaccia nucleare e prevenire l'aggravamento delle relazioni interstatali che potrebbe provocare conflitti militari, compresi quelli nucleari. La deterrenza, detto molto semplicemente, è la capacità di impedire un'azione aggressiva avversaria grazie alla sola esistenza/presenza del proprio potenziale militare, sia esso convenzionale o non convenzionale. Facciamo un esempio tratto dalla cronaca quotidiana: lo schieramento nella regione mediorientale di un grande numero di aerei, portaerei e altre unità navali da guerra statunitensi è un deterrente contro un possibile attacco iraniano verso Israele.

Quali sono i "pericoli" che spaventano Mosca

La Russia ha individuato dei “pericoli” per la sua deterrenza, che in base ai cambiamenti della situazione politico/militare/strategica possono trasformarsi in minacce. Si tratta del potenziale accumulo nei territori adiacenti alla Federazione Russa e ai suoi alleati e nelle zone marittime adiacenti di gruppi di forze multiuso ostili, che includono veicoli per il trasporto di armi nucleari; dell'impiego da parte degli Stati che considerano la Federazione Russa come un potenziale nemico di sistemi e mezzi di difesa antimissile, di missili da crociera e balistici a medio e corto raggio, di armi non nucleari e ipersoniche ad alta precisione, di veicoli aerei d'attacco senza pilota e di energia diretta armi; della creazione e dispiegamento nello spazio di sistemi di difesa e attacco missilistico; della presenza negli Stati di armi nucleari e (o) altri tipi di armi di distruzione di massa che possono essere utilizzate contro la Federazione Russa e (o) i suoi alleati, nonché i mezzi di consegna di questi tipi di armi; della proliferazione incontrollata delle armi nucleari, dei loro vettori, delle tecnologie e delle attrezzature per la loro produzione; infine del posizionamento sul territorio di Stati non nucleari di armi nucleari e mezzi per il loro lancio.

La svolta del conflitto ucraino

Come possiamo vedere si tratta di definizioni abbastanza “aperte”, ovvero che lasciano spazio – volutamente – a diverse interpretazioni, e allora cosa è cambiato con l'inizio del conflitto in Ucraina al punto da spingere Mosca ad aggiornare la sua dottrina della deterrenza nucleare?

Considerando che i “droni” sono già stati citati nel 2020, così i sistemi ipersonici, possiamo pensare che il Cremlino intenda adeguare la sua dottrina di deterrenza aggiungendo ai fattori che rendono possibile l'impiego di armi nucleari il sostegno di Paesi terzi (o cobelligeranti) durante un conflitto che coinvolga la Federazione e/o i suoi alleati proprio nel quadro della risoluzione dello stesso a condizioni favorevoli alla Russia, come già affermato nel documento.

Quest'adeguamento, che potrebbe essere effettivamente critico per la stabilità internazionale, troverebbe giustificazione nella costante e martellante retorica russa sul sostegno occidentale all'Ucraina: praticamente ogni giorno, soprattutto da quando è cominciata l'offensiva ucraina nella regione di Kursk, esponenti del Cremlino e il presidente Vladimir Putin non mancano di sottolineare la futura, pesante reazione russa all'invio di armamenti a Kiev.

Il nostro è un puro esercizio speculativo, in quanto Ryabkov non ha aggiunto nulla al di là di quanto già riportato dalla Tass, e si deve considerare anche che potrebbe solamente

essere una manovra di propaganda russa per continuare ad agitare lo spettro del nucleare in Europa, come più volte fatto nel corso di questa guerra. Allo stato dei fatti, però, entrambe le letture sono valide.

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