
La Cina ha condotto un particolare test di difesa missilistica nel deserto del Gobi. L'Esercito Popolare di Liberazione (PLA) di Pechino ha lanciato 16 missili balistici contro un singolo bersaglio per mettere alla prova un sistema radar all'avanguardia e le sue capacità di contrastare gli attacchi di saturazione nemici. La portata di questa azione segnala la crescente fiducia del Dragone nel contrasto alle minacce avanzate dei rivali, oltre che nella proiezione del proprio dominio in un panorama geopolitico sempre più teso. La notizia è stata diffusa dai media cinesi soltanto poche ore fa anche se il test è stato descritto da un documento ufficiale pubblicato lo scorso 18 febbraio da Zhang Zhenbiao, un ingegnere senior dell'unità 63623 del PLA a Jiuquan, nella provincia di Gansu.
Lo strano test missilistico della Cina
Da quanto emerso i missili lanciati dalla Cina sarebbero tutti stati rilevati e tracciati con successo da un nuovissimo sistema radar phased array a doppia banda (S/X), prima che questi colpissero il loro bersaglio, con una percentuale di successo del 100%. Il sistema consentirebbe adesso al PLA di fare affidamento su un "rilevamento precoce, misurazione di precisione e reporting accurato" – parametri critici per neutralizzare minacce avanzate come veicoli plananti ipersonici o missili armati di esche e veicoli di rientro multipli (MIRV) con bersagli indipendenti.
Il citato test, descritto in dettaglio su Flight Control & Detection, una rivista in lingua cinese, segna la prima divulgazione pubblica delle capacità dei radar di allerta precoce terrestri della Cina. La sua tecnologia a doppia banda, simile a quella della nave da tracciamento missilistico USNS Howard O. Lorenzen della Marina degli Stati Uniti, combina la sorveglianza su vasta area (banda S) con il puntamento ad alta risoluzione (banda X).
Ma perché l'esercito cinese ha effettuato una prova del genere? Per rispondere alla domanda basta risalire all'ottobre 2024, quando oltre 30 missili balistici iraniani sono penetrati nelle difese aeree di Israele colpendo la base aerea di Nevatim e mettendo a nudo le vulnerabilità anche delle reti di scudi missilistici più avanzate. In quell'occasione il sistema Arrow di Tel Aviv, sostenuto dagli Stati Uniti, per quanto formidabile, ha faticato a dare priorità alle minacce durante l'attacco di saturazione. Ecco: questo è uno scenario che l'esercito cinese ha replicato esplicitamente nella prova nel deserto del Gobi.
Le mosse di Pechino
Secondo il documento di Zhang, il sistema del PLA non solo sarebbe in grado di tracciare i missili balistici convenzionali, ma aiuterebbe anche a distinguere le esche dalle testate vere e proprie, anche in presenza di contromisure a metà volo come l'inceppamento o la dispersione delle submunizioni. Secondo Zhang e i suoi colleghi, la capacità del radar cinese di mantenere il tracciamento continuo di 31 esche e bersagli secondari, dando contemporaneamente la priorità a sette minacce di alto valore, dimostrerebbe un salto di qualità nelle capacità anti-saturazione di Pechino. Altro aspetto da non trascurare: con 16 missili balistici lanciati in un'unica esercitazione, il costo sbalorditivo del test evidenzia la volontà della Cina di investire pesantemente nella propria preparazione militare.
Nel 2023, l'emittente statale CCTV aveva pubblicato un filmato di una linea di produzione autonoma di missili.
Filmato che è stato interpretato dagli analisti come un messaggio rivolto agli Stati Uniti nel bel mezzo delle crescenti tensioni con Washington. L'impianto completamente automatizzato, soprannominato "fabbrica a luci spente", suggerisce che il PLA potrebbe rifornire rapidamente il suo arsenale a costi ridotti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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