"Non è pronta a una guerra con Mosca": la profezia dell'eseperto sulla Nato

L’invasione russa dell’Ucraina ha sollevato numerosi interrogativi circa le capacità della Nato di reggere ad un possibile conflitto prolungato su vasta scala. Secondo l’Hudson Institute il Cremlino sarebbe avvantaggiato in diversi settori fondamentali

"Non è pronta a una guerra con Mosca": la profezia dell'eseperto sulla Nato

La giornata di ieri ha segnato il settantacinquesimo anniversario della fondazione della Nato. Durante il summit, il Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg e il Presidente Americano Joe Biden hanno rimarcato la grande solidità dell’alleanza più longeva di sempre. In particolare, il capo di stato statunitense ha sottolineato i grandi progressi compiuti dall’organizzazione negli ultimi anni, citando l’ingresso di Svezia e Finlandia e il progressivo raggiungimento da parte dei paesi membri del target del 2% delle spese militari. Biden ha altresì ribadito l’impegno dell’Alleanza a rifornire l’Ucraina di sistemi d’arma atti a respingere l’invasione russa, quali mezzi corazzati, sistemi missilistici a lungo raggio e difese aeree.

A dispetto della forte enfasi sulla grande solidità dell’Alleanza Atlantica e sui progressi ottenuti negli ultimi anni, l’invasione russa dell’Ucraina ha messo in luce diverse debolezze insite nel sistema difensivo Nato, suscitando il timore di una risposta inadeguata da parte dell’Alleanza in cado di un conflitto su vasta scala contro la Federazione Russa. A tal proposito, Can Kasapoglu, Senior Fellow dell’Hudson Institute, importante think tank statunitense, ha redatto un paper volto ad identificare l’effettivo stato di preparazione dell’Alleanza Atlantica per un eventuale conflitto che veda quest’ultima opposta alla Federazione Russa.

La minaccia che viene dal freddo

La prima parte del paper risulta finalizzata ad analizzare le effettive capacità militari russe e la misura in cui queste ultime costituiscono una minaccia per l’Alleanza Atlantica. La Federazione Russa dispone anzitutto di una caratteristica fondamentale per condurre un conflitto di attrito nel lungo periodo, la resilienza. Mosca dispone infatti di un possente settore industriale, il quale si è rivelato in grado di incrementare notevolmente la produzione di sistemi d’arma. Al contempo, il Cremlino è riuscito a velocizzare notevolmente la produzione di munizioni d’artiglieria, la quale ammonta attualmente ad una quantità tre volte superiore a quella occidentale.

In ultima analisi, grazie a contratti piuttosto lucrosi e a diverse ondate di coscrizione, Mosca dispone attualmente di una notevole massa combattente attiva in Ucraina, quantificata in oltre 400.000 unità. In virtù dell’intersezione di tali fattori, la Federazione Russa si è rivelata non solo in grado di assorbire le pesanti perdite cagionate dal conflitto, ma anche di rimpiazzare queste ultime con un certo successo.

Sotto il profilo della forza aerea, gli aeromobili russi non paiono rappresentare una minaccia rilevante per le possenti aeronautiche dei Paesi Nato, tuttavia, il reale punto di forza del Cremlino è rappresentato dalla sua rete di sistemi antiaerei SAM. Laddove Mosca riuscisse infatti ad occupare rapidamente una porzione del territorio di un paese membro dell’Alleanza Atlantica, potrebbe piazzare in loco una vasta rete di difese aeree in grado di obbligati gli eserciti occidentali ad una costosa campagna SEAD/DEAD. Al contempo, la Federazione Russa dispone di eccellenti capacità nella guerra elettronica, in grado di disturbare le operazioni aeree Nato. Infine, Mosca risulta dotata di imponenti quantità di droni in grado di cagionare seri danni alle difese aeree occidentali.

I punti deboli della NATO

Allo stato attuale l’Alleanza Atlantica presenta una distribuzione del proprio coefficiente di potenza del tutto disfunzionale ad eventuale conflitto con la Federazione Russa. Il centro di gravità della NAto risulta infatti localizzato nella parte occidentale dell’alleanza, tuttavia, la principale minaccia per i Paesi membri si trova lungo il fianco orientale. I Paesi baltici dispongono infatti di forze militari fortemente inadeguate a contrastare un possente attacco terrestre russo e risultano contemporaneamente passibili di accerchiamento.

Il ben noto Corridoio di Suwalki rappresenta infatti l’unico collegamento terrestre tra la Polonia e i Paesi Baltici. Un’eventuale occupazione russa di tale località determinerebbe l’isolamento di tali nazioni, forzando la Nato ad una difficile azione offensiva. Al contempo l’Alleanza Atlantica si ritroverebbe ad affrontare grosse difficoltà anche nel Mar Baltico.

A dispetto dell’ingresso di Svezia e Finlandia nell'Alleanza, a seguito del quale è divenuto di uso comune il termine “Lago Nato” per indicare il Mar Baltico, la Federazione Russa rimane un forte pericolo nell’area. Le unità militari di Mosca nell’Oblast di Khalinigrad dispongono di possenti sistemi d’arma a lungo raggio, nonché di numerosi asset sottomarini, altamente funzionali al teatro operativo. Il Mar Baltico è infatti un mare rumoroso, caratterizzato da profondità irregolare, ideale per la guerra sottomarina, settore nel quale le forze Nato non risultano pienamente preparate.

Infine, l’isola svedese di Gotland e le isole Svalbard norvegesi rappresentano forti debolezze geografiche per l’Alleanza Atlantica. Un’eventuale occupazione russa del Gotland determinerebbe infatti la possibilità per Mosca di installare una possente difesa A2/AD, viceversa, le isola Svalbard presentano una difesa militare piuttosto scarsa ai sensi del Trattato tra Svezia e Norvegia del 1920 e risultano quindi poco difese ad un possibile attacco russo.

Una nuova postura per l’Alleanza

Allo stato attuale, secondo l’Hudson la Nato risulta afflitta da due vulnerabilità principali. La prima risulta essere la scarsa produzione bellica dei Paesi membri, la quale a dispetto del confitto rimane strutturata per un tempo di pace. La seconda vulnerabilità risulta invece relativa a due elementi essenziali per la condotta di una guerra, la massa e la struttura di comando. A seguito dell’occupazione della Crimea da parte della Federazione Russa nel 2014, la Nato ha rafforzato la propria postura lungo il suo fianco orientale mediante l’istituzione della Enhanced Forward Presence. Il nuovo attacco del Cremlino a danno dell’Ucraina nel 2022 ha determinato la necessità di una nuova riforma della postura dell’Alleanza Atlantica concretizzatasi mediante la formazione della NATO Model Force (NMF).

Tale forza militare mira a garantire la capacità di mobilitare una consistente quantità di manodopera in un breve lasso di tempo. Tuttavia, a dispetto del miglioramento della postura della Nato, la NFM risulta afflitta da tre problematiche principali. La prima risulta essere la mancanza di una difesa missilistica integrata, la seconda la scarsa esperienza della Nato nel porre in essere una massa combattente comprendente una rilevante quantità di manodopera e di sistemi d’arma. Infine, la struttura di Command and Control dell’Alleanza Atlantica risulta lenta. L’Allied Command Operation NATO dovrebbe infatti attivare la NFM, ma dovrebbe attendere l’approvazione del Consiglio per l’adozione dei piani predisposti, un lasso di tempo potenzialmente in grado di garantire all’avversario un vantaggio decisivo.

L’Alleanza Atlantica conserva un rilevante vantaggio sulla Federazione Russa in tre settori chiave: manodopera, spese militari e tecnologie emergenti. Tuttavia, Mosca dispone di un ampio vantaggio in una guerra “localizzata”. Il Cremlino risulta infatti in grado di creare una massa combattente superiore a livello locale, potenzialmente in grado di occupare una porzione rilevante del territorio Nato quali i paesi Baltici ed impiegare successivamente la sua industria della difesa, adattata per un conflitto di lungo periodo, per obbligare l’alleanza atlantica ad una lunga e costosa campagna di logoramento.

A dispetto del rovinoso fallimento dei propri piani iniziali, grazie all’occupazione di una limitata porzione del territorio ucraino Mosca è ugualmente riuscita ad obbligare Kiev ad una costosa controffensiva risultata in un generale insuccesso strategico, il quale ha dimostrato le ampie difficoltà riscontrabili in una campagna volta a liberare un territorio occupato da un nemico dotato di una rilevante produzione militare. A tal proposito l’Hudson Institute suggerisce una rimodulazione della postura militare della Nato attualmente incentrata sul punishment, ossia sulla controffensiva volta a liberare un territorio occupato al denial, definito come la prevenzione dell’occupazione del territorio appartenente all’alleanza da parte della Federazione Russa.

Tale intento, richiederebbe necessariamente la formazione di una massa combattente estremamente rilevante sotto il profilo numerico, nonché l’avvio di una produzione militare atta ad affrontare un conflitto di lungo periodo.

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