"Esploderà una bomba sociale". L'ombra della guerra ibrida cinese contro la Francia

Le sommosse in Nuova Caledonia dello scorso maggio potrebbero essere state pilotate dalla Cina. L'arcipelago è infatti da tempo al centro della guerra ibrida cinese contro la Francia

"Esploderà una bomba sociale". L'ombra della guerra ibrida cinese contro la Francia

La Nuova Caledonia sprofonda in una crisi gravissima da quando sono iniziate le rivolte dello scorso maggio. A fine agosto la New Caledonia Real Estate Company, principale locatore sociale dell'arcipelago, è sull'orlo del fallimento e lancia l'allarme: “Se non troviamo una soluzione, esploderà una bomba sociale. Abbiamo avuto la rabbia dei giovani, avremo la rabbia delle famiglie”, avverte Petelo Sao, presidente del consiglio di amministrazione della società. Parallelamente, il cuore dell’economia della Nuova Caledonia, l’estrazione del nichel, sta attraversando una grave crisi nonostante il boom della domanda globale, legata alla produzione di batterie per auto elettriche. Una crisi che acuisce le tensioni nell’arcipelago.

Secondo un rapporto dell’Overseas Emission Institute, il nichel prodotto in Nuova Caledonia rappresenta circa l’8% delle riserve globali, il che la colloca al quarto posto dietro Australia (24%), Brasile (15%) e Russia (9%). Lo sfruttamento del nichel, essenziale per la fabbricazione dell'acciaio inossidabile, è la linfa vitale dell'economia locale, ma il settore sta attraversando una crisi economica senza precedenti, aggravata dal calo del prezzo del minerale, sceso di oltre il 45% nel 2023, provocando perdite record per i gruppi che gestiscono i tre stabilimenti dell’arcipelago. In questo contesto, il produttore di nichel KNS, uno dei tre della Nuova Caledonia, ha annunciato la fine delle sue attività.

La longa manus di Pechino sulla Nuova Caledonia

Una situazione potenzialmente esplosiva che rischia di ripresentare, in peggio, le sommosse che si sono avute lo scorso maggio causate da una legge francese che estendeva il diritto di voto nel territorio d'oltremare. Dietro questa situazione, soprattutto dietro le rivolte, potrebbe però esserci la longa manus del PCC, il Partito Comunista Cinese.

La Repubblica Popolare, infatti, ha interessi strategici, economici, politici, militari e ideologici in Nuova Caledonia, che descrive come “strategicamente importante”. Una valutazione del ministero degli Esteri cinese del 1987 osservava: “Una volta che il movimento per l'indipendenza nazionale della Nuova Caledonia viene sfruttato da una superpotenza, si verificheranno cambiamenti sfavorevoli agli Stati Uniti nell'equilibrio strategico nel Pacifico meridionale”.

Fino a poco tempo fa, la Nuova Caledonia aveva relazioni molto limitate con la RPC, ma dal 2016 c'è stata una rapida espansione dei contatti. Pechino ha “bussato” duramente alla porta della Nuova Caledonia utilizzando tattiche di interferenza e, finora, ha ottenuto il primo obiettivo che desiderava all'interno di una strategia a lungo termine: l'estremizzarsi di sentimenti anti-francesi.

Anche le élite locali hanno attivamente corteggiato l'assistenza della Cina, lavorando con le organizzazioni di facciata del PCC che sfruttano le brutali politiche colonialiste del passato per avviare un processo di decolonializzazione che possa portare la Nuova Caledonia nell'orbita cinese. Queste organizzazioni, come “L'amicale chinoise de Nouvelle-Calédonie” (fondata nel 1973) ma soprattutto la “Réunification pacifique de la Chine en Nouvelle Calédonie” (fondata nel 2006), fungono da volano della voce del Politburo, in considerazione del fatto che, con l'avvento di Xi Jinping, la popolazione cinese o di origine cinese residente all'estero e le aziende cinesi sono tenute a supportare il lavoro di intelligence della Cina ai sensi della legge sull'intelligence nazionale (2017).

Ci sono diversi esempi noti di questo modus operandi in Nuova Caledonia: ad esempio, durante il referendum del 2018, gli agenti del ministero della Sicurezza dello Stato cinese avrebbero utilizzato la copertura di una delegazione di media cinesi per visitare clandestinamente il Paese e osservare in prima persona il processo elettorale con la complicità degli organi di informazione.

Inoltre, poiché la Rpc non ha un consolato in Nuova Caledonia, l'organizzazione “Réunificiation pacifique de la Cine en Nouvelle Calédonie” agisce come agente per l'ambasciata cinese a Vanuatu. Aggiungiamoci anche un fatto alquanto “strano”, per usare un eufemismo: le rivolte di maggio hanno causato danni per 2,2 miliardi di euro e centinaia di auto, case e aziende private sono state saccheggiate e bruciate, ma non ci sono segnalazioni di aziende cinesi prese di mira, anche se la capitale, Noumea, ha una grande Chinatown. Altrove nel Pacifico, ogni volta che scoppiano disordini, tendono a essere le aziende cinesi a subire i danni maggiori.

Un caso? Difficile pensarlo: nel mondo dell'intelligence e delle operazioni sotto copertura come quelle di interferenza nei Paesi stranieri il caso non esiste mai. Inoltre, nelle prime due settimane di disordini, il governo francese ha vietato l'app di social media cinese TikTok in Nuova Caledonia perché veniva utilizzata per diffondere disinformazione. Il primo ministro francese Attal aveva affermato che TikTok è stata vietata “a causa di interferenze e manipolazioni della piattaforma, la cui società madre è cinese. L'app viene utilizzata come mezzo per diffondere disinformazione sui social network, alimentata da Paesi stranieri e trasmessa dai rivoltosi”.

Sappiamo poi che il PCC ha una strategia per colpire le élite economiche e politiche straniere con l'obiettivo di cooptarle in modo che promuovano l'agenda di politica estera della Cina all'interno del loro sistema politico (in modo consapevole o inconsapevole), e in modo che trasmettano informazioni sulle intenzioni, le strategie e l'atteggiamento degli attori chiave del Paese nei confronti della Cina nonché forniscano accesso a tecnologie all'avanguardia.

L'attività di interferenza viene messa in pratica anche col gettare discredito su particolari funzionari o esponenti della società civile considerati ostili: un caso molto particolare è quello dell'ex leader del movimento anti-indipendentista in Nuova Caledonia, Jacques Lafleur, il cui nome compare nel database Zhenhua Leaks, lo scandalo sui dati personali che è stato definito una “Cambridge Analytica sotto steoridi”. Insieme a lui, in quel database, compaiono un totale di 31 neo-caledoniani categorizzati come “persone politicamente esposte”, insieme ai loro parenti, ed è noto che le agenzie di intelligence del PCC hanno storicamente utilizzato ricatti e altre forme di coercizione, nonché corruzione e sfruttamento di debolezze psicologiche, per sviluppare relazioni con individui di spicco.

Un arcipelago strategico per le vie di comunicazione

Ma perché la Cina si sta interessando così tanto alla Nuova Caledonia? Il nichel (e il cobalto) non sono l'unico motivo. Un'analisi cinese del 2018 riferisce che l'arcipelago ha un territorio piccolo, ma protegge il passaggio marittimo dal Pacifico settentrionale all'Antartide. È un sito cruciale per le rotte marittime e aeree e i cavi sottomarini in tutti i continenti. Ce ne sono centinaia. Le rotte di trasporto via mare e via aria passano da qui ed è una posizione estremamente importante dal punto di vista della strategia di trasporto internazionale.

Nel 2021, un'altra fonte ufficiale di Pechino ha descritto il territorio insulare come “un'importante base militare e strategica per la Francia nella regione [del Pacifico]” e una Nuova Caledonia indipendente indebolirebbe il potere militare ed economico globale della Francia. Inoltre potrebbe anche essere una forza politica influente nel Pacifico, come ha osservato un organo di stampa della RPC nel 2021.

Se una potenza ostile controllasse la Nuova Caledonia, o il suo vicino di casa, le Isole Salomone, potrebbe bloccare l'accesso dall'Australia, dalla Nuova Zelanda e dai territori insulari del Pacifico agli Stati Uniti, all'Oceano Indiano e fino al Sud-est e al Nord-est asiatico.

Come sempre accade non esiste la “pistola fumante” per provare l'attività di interferenza cinese nell'arcipelago del Pacifico, ma tutti gli elementi portano a pensare che Pechino, da tempo, abbia messo in atto un processo di silente penetrazione nel tessuto socio-culturale dell'isola col fine di estromettere la

Francia, e con essa l'Europa, considerando che in Nuova Caledonia, oltre a esserci importanti basi dell'intelligence francese, ci sono installazioni per il controllo dello spazio utilizzate dall'ESA, l'ente spaziale europeo.

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