Reti anti-drone nelle basi: così gli Usa vogliono "schermare" i caccia F-22

L'U.S. Air Force sta cercando una soluzione per proteggere i suoi caccia nella basi aeree da possibili attacchi con piccoli droni

Reti anti-drone nelle basi: così gli Usa vogliono "schermare" i caccia F-22

La base aerea di Langley-Eustis, in Virginia, è una delle poche basi deputate a ospitare i caccia F-22, i quali rappresentano l'assetto di punta della difesa aerea statunitense essendo attualmente i migliori caccia di quinta generazione del mondo.

Pochi giorni fa, il 4 ottobre, funzionari della base hanno pubblicato un avviso in cui si richiedevano informazioni riguardanti la fattibilità di posizionare reti anti-drone sulle 42 piazzole semi aperte usate per parcheggiare i caccia sulla linea di volo.

Nell'aeroporto militare, sede del Primo Fighter Wing, a dicembre dello scorso anno si erano infatti avute diverse intrusioni di piccoli droni che avevano destato allarme nei comandi dell'U.S. Air Force: le attività degli Uas (Unmanned Air System) erano state registrate per la prima volta la sera del 6 dicembre 2023, e da quel momento c'erano state molteplici incursioni durante tutto quel mese. Il numero di Uas, aveva riferito un portavoce della base aerea, variava di volta in volta e i droni erano diversi per dimensioni e configurazione. Nessuna di quelle incursioni aveva mostrato un intento palesemente ostile, ma qualsiasi cosa che voli nello spazio aereo di una base può rappresentare una minaccia per la sicurezza del volo e non solo.

A quasi un anno da quell'azione, l'U.S. Air Force sta cercando una soluzione per proteggere i suoi F-22, il che sottolinea come, in ogni caso, si consideri la presenza di un drone come una seria minaccia non solo per le attività di volo: del resto il conflitto in Ucraina ha dimostrato come piccoli Uas del tipo Fpv (First Person View) siano letali se dotati di una carica esplosiva di qualche tipo.

La richiesta iniziale della base di Langley, infatti, è per una rete da apporre sulle coperture “a parasole” delle piazzole per i caccia situate nella parte est dell'aeroporto militare in via sperimentale. Si legge, come riporta The War Zone, che la rete dovrà “essere in grado di disattivare un sistema aereo senza pilota (Uas) di gruppo 1/"piccolo", come il DJI Matrice 300 RTK, pur rimanendo attaccato”. Secondo le definizioni delle forze armate statunitensi, i droni del gruppo 1 possono avere un peso fino a 9 chilogrammi, volare fino a 370 metri di quota e raggiungere velocità fino a 100 nodi (185 km/h). I requisiti per la protezione proseguono affermando che “la rete deve essere composta da un materiale resistente ai raggi Uv e all'umidità, in grado di sopportare temperature fino a 400 °F (200°C) senza danni.

Deve inoltre avere una resistenza alla trazione di 200 libbre (90 kg) o superiore. Il poliestere o il nylon sono materiali preferiti, ma è accettabile qualsiasi materiale con proprietà adeguate. I quadrati della rete non devono essere più grandi di 3" di diametro (7,5 cm)”. Si richiede anche che “l'hardware e il cablaggio aggiuntivi devono essere sufficientemente resistenti da supportare la rete e la potenziale spinta o trazione dovuta a venti da 40 mph (65 km/h) quando la rete è dispiegata e a raffiche di 120 mph (195 km/h) per 3 secondi quando la rete è retratta/riposta. Quando è retratta/riposta, la rete deve essere adeguatamente fissata. Potrebbe essere necessario installare un nucleo di piombo o altre forme di pesi lungo la parte inferiore della rete per evitare che la rete venga soffiata verso l'aereo o il personale; la progettazione potrebbe includere un ancoraggio incassato alla base di cemento esistente. Potrebbero essere accettabili anche altri metodi di ancoraggio della rete”.

In realtà non è la prima richiesta per simili protezioni: a maggio di quest'anno la Johnson Air Force Base in North Carolina ha lanciato un appello simile per potenziali opzioni di difesa passiva contro i droni, che potrebbero includere anche delle reti, per proteggere i caccia F-15E Strike Eagle della base aerea.

Il pericolo offerto dai piccoli droni è materia di studio anche nel mondo civile: si ricorda, ad esempio, il blocco dell'aeroporto londinese di Heathrow nel 2019. La minaccia è seria, come accennato: un drone kamikaze, o ancora peggio sciami di drone kamikaze, possono colpire e mettere fuori combattimento qualsiasi velivolo parcheggiato in piazzole non protette.

La richiesta di un sistema di difesa passivo, come le reti, mostra anche tutta la difficoltà nel gestire questa minaccia, che è difficile da scoprire ma soprattutto è difficile da neutralizzare con sistemi attivi, anche se fossero di tipo

elettronico o con armi a energia diretta. La soluzione, che potrebbe essere efficace, offerta da reti di protezione è anche sicuramente a più basso costo rispetto a un sistema attivo di difesa, e rapidamente dispiegabile ovunque.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica