Nietzsche, che nelle sue ultime lettere si firmava anche «Dioniso», è una figura chiave per comprendere Dioniso di Walter Otto (Adelphi, pagg. 285, euro 16), scritto nel 1933: un saggio che vuole rispondere alla domanda più semplice e forse, proprio per questo, la più difficile: chi è Dioniso, «il dio dell'estasi e del terrore, della selvaggia frenesia e della liberazione più dolce, il dio folle, la cui manifestazione trascina gli umani alla pazzia», che rivela già nel concepimento e nella nascita l'elemento misterioso e contraddittorio della sua natura? Figlio di Zeus e di Semele, incenerita dal fulmine del suo sposo celeste perché voleva vedere il suo volto, Dioniso è il dio delle epifanie, il dio che non conosce limiti, e il suo simbolo è la maschera.
Una delle tante - e più estreme - caratteristiche di Dioniso è il legame con le donne. E le donne erano le protagoniste del suo rito: le baccanti, o menadi («le folli»), che a Delfi costituivano la corporazione delle tiadi (le «ribollenti»), in riferimento al parossismo che si raggiunge durante la trance, dove può accadere che la bocca del posseduto si riempia di schiuma. Le tiadi delfiche si radunavano per celebrare i loro riti in pieno inverno sul monte Parnaso. Pausania racconta che erano raggiunte da altre tiadi provenienti da Atene, «che si abbandonano a danze lungo tutta la strada». In una società rigidamente maschilista come quella greca, l'immagine di una folla di donne che lasciava la propria casa e volteggiava per i villaggi abbandonandosi a danze furibonde al suono di flauti e tamburelli, indossando una pelle di cerbiatto - la nebride - e agitando il tirso, doveva destare una certa impressione: così come sono impressionanti le pitture vascolari, che raffigurano le menadi che gettano la nuca all'indietro e fanno roteare il capo con gli occhi rivolti verso l'alto, mentre le gambe guizzano con movimenti frenetici; proprio come descrive Euripide, che con Le Baccanti lascerà la più straordinaria - e la più spaventosa - testimonianza della potenza del rito bacchico. Nelle Baccanti, Dioniso ha già fatto impazzire le donne tebane, ma punisce e fa impazzire anche il principe di Tebe, Penteo, il quale, colpevole di averlo rifiutato, verrà fatto a pezzi durante il rito bacchico. Quando lo incontra, dopo averlo fatto imprigionare, Penteo, però, è sedotto da Dioniso: lo guarda, lo teme, lo vuole. Vestito da donna, si abbandona totalmente al dio e impazzisce, mentre Dioniso pronuncia versi tremendi: «Prima non eri sano di mente, ora sei come dovresti essere». Dioniso chiede a Penteo se vuole vedere le donne sul monte. E Penteo lo vuole: vuole vederle, perché - dice - sa che soffrirà, vedendole ubriache; il dio, allora, gli fa una domanda che è, forse, uno dei più grandi segreti del mistero dionisiaco: «e vuoi vedere ciò che ti farà soffrire?».
La verità è crudele: è l'abisso in cui l'uomo non riesce a scrutare. Dioniso non lascia alternative: come canterà il coro delle menadi, «stare nei limiti dell'uomo è una vita senza dolore. Ma io non voglio una sapienza sottile: la mia gioia è cercare altri beni, grandi e chiari».
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