"Dobbiamo guardare la violenza con lucidità. E opporci all'ingiustizia"

Pubblichiamo stralci dell'intervista concessa da Han Kang al Giornale uscita il 29 settembre 2017. Vi si parla del suo romanzo Atti umani, ambientato nella rivolta contro il regime del presidente Chun Doo-hwan, nella Corea del Sud nel 1980. Il centro del massacro fu Gwangju, dove Han Kang è nata nel 1970

"Dobbiamo guardare la violenza con lucidità. E opporci all'ingiustizia"
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L'eccidio di Gwangju è una pagina di storia di cui l'Occidente sa poco o nulla.

«Per anni è stato tutto occultato. Poi nel 1997 il presidente Chun Doo-hwan fu condannato in un processo nel quale era accusato della responsabilità dei fatti di Gwangju. Ma ancora fino a nove anni fa, con il regime di destra che reggeva la Corea del Sud, si è assistito al continuo tentativo di cancellare il ricordo di quel massacro nel Paese. Ora però le cose stanno cambiando. Lo scorso inverno si è celebrato il ricordo della rivoluzione delle candele, lo strumento non violento con cui ci si opponeva al regime e a maggio la cerimonia ufficiale per le vittime di Gwangju è stata trasmessa in tv in tutto il Paese».

Oggi la Corea del Sud ha riconquistato la democrazia, e appare economicamente forte. È così?

«In realtà esistono ancora diversi problemi in Corea del Sud. Oggi dobbiamo affrontare gli effetti economici e sociali del nuovo liberalismo, le conseguenze di una società polarizzata, piena di contrasti, con una forte competizione, e soprattutto dobbiamo fare i conti con la gravissima situazione tra Stati Uniti e Corea del Nord, che è sotto gli occhi di tutti, e che può avere ricadute terribili sul mio Paese».

Che cosa potrebbe succedere nella Corea di Kim Jong-un?

«Quello che posso dire è che la pace è il primo e unico presupposto per il futuro della penisola coreana. Alcune persone parlano di vittoria, di strategia, di guerra... mi sembra tutto così assurdo. Soltanto la pace è la vita, e noi vogliamo la vita. Le persone in Corea, ovviamente, sono molto preoccupate di una simile situazione».

Atti umani parla della repressione di un movimento che difende le libertà individuali, ma più in generale riflette sulla brutalità del Potere. La violenza è una parte ineliminabile del mondo?

«Dobbiamo guardare la violenza in modo lucido. E non dovremmo rinunciare mai ad opporci agli atti di sopraffazione e di ingiustizia, che sì - certo - li possiamo trovare ovunque. Ma se noi rinunciamo alla violenza come singoli individui, allora possiamo equilibrare la tensione generale che aleggia attorno a noi: nelle nostre case, nelle città, persino nel mondo».

Ne La vegetariana la protagonista è sempre vista dagli altri. Mentre in Atti umani il racconto del protagonista, nella prima parte, è in seconda persona.

Due costruzioni narrative particolari...

«La protagonista non parlante chiede al lettore di tirare fuori il suo vero volto. La prospettiva della seconda persona serve invece a chiamare un personaggio a una maggiore presenza. Gli dà vita».

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