E adesso ai clamorosi casi di copia incolla di Umberto Galimberti viene dedicato addirittura un saggio: «Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale» edito dall'editore Coniglio e vergato da Francesco Bucci. Bucci è un nome noto ai nostri lettori. Nell'infuriare delle polemiche, nate nell'aprile 2008 a seguito di un'inchiesta de «Il Giornale», contribuì a evidenziare molte delle citazioni non autorizzate del filosofo e la sua abitudine di ripetere all'infinito gli stessi articoli. Ora dedica ben 286 pagine ad illustrare questa «teoria e pratica di copia e incolla filosofico». E leggendo nel dettaglio il lavoro certosino di analisi dei testi del filosofo, anche ad aver seguito tutto il caso, si resta esterefatti dal numero incredibile di scippi, autoplagi e svarioni presenti negli articoli e nei saggi di Galimberti.
In alcuni casi si arriva addirittura al "nonsense", quando nel volgere di poche pagine, a causa del riutilizzo di vecchi materiali, Jung passa da idolo culturale a bersaglio polemico. Giusto per fare un esempio dalle opere a cui Bucci si dedica di più cioè «La casa di Psiche» e «L'Ospite inquietante»: nella prima i pezzi di riuso sarebbero l'82% del testo, nella seconda addirittura il 95% circa. Quanto all'esempio di Jung, ma è solo uno dei tanti, gli si può far dire qualunque cosa o farlo diventare chiunque, che so scambiarlo con Heidegger. A pagg. 684 del «Tramonto dell'Occidente» (uno dei saggi più apprezzati di Galimberti e dedicato a Heidegger e Jaspers) si legge: «Lamentando la limitazione e la povertà del nostro linguaggio, Heidegger in vita a percorrere lo spazio del taciuto.
Le sue espressioni chiedono che si dischiudano rapporti che vadano oltre quelli conclusi dalla logica occidentale, onde consentire alle cose di aprirsi una presenza che non si risolva immediatamente nella rappresentazione di quella logica. Esse chiedono che si dischiudano mondi...». Invece a pagg. 233 de «La terra senza il male»: «Lamentando "la limitazione e la povertà del nostro linguaggio..." e invocando la "creazione di un nuovo linguaggio", Jung invita a percorrere lo spazio del taciuto. Le sue espressioni chiedono che si dischiudano rapporti che vadano oltre quelli conclusi del linguaggio della ragione, onde consentire alle cose di aprirsi a una presenza... Esse chiedono che si dischiudano mondi...». Insomma un guazzabuglio culturale durato trent'anni e che decine e decine di migliaia di lettori, soprattutto di Repubblica (quotidiano che ha ospitato centinaia di articoli di Galimberti), si sono bevuti senza mai accorgersi di niente.
E non solo lettori comuni, Bucci in appendice si dedica anche a fare le pulci a Eugenio Scalfari. Il «fondatore» che non accorgendosi di nulla ha definito Galimberti, che ha sponsorizzato per anni: «Uno dei pensatori che più mi appassionano». Abbaglio o connivenza? Difficile dirlo, tanto più che Scalfari ha recensito anche quei libri in cui Galimberti più si è esibito in una vera e propria macelleria culturale, riciclando senza note opere di chiunque e piegandole a sostegno di qualunque idea. Ecco ad esempio come ha commentato «La casa di Psiche» (secondo Bucci, giova ricordarlo «riciclata» all'82%): «L'ampiezza dell'analisi, la solidità dell'impianto e la radicalità delle conclusioni ne fanno un'opera del tutto originale, secondo me di capitale importanza...».
E qui non si tratta di buttarla in polemica, quanto piuttosto di notare come fior di intellettuali abbiano per anni chiuso gli occhi sul comportamento e sull'operato di un cattedratico che citava senza note e scippandole dal contesto idee e pensieri di un'infinità di colleghi (noti e meno noti): Giulia Sissa, Guido Zingari, Salvatore Natoli, Stefano Zamagni, Roland Barthes... Anche per questo Bucci spiega a «Il Giornale» di aver mandato una sinossi del libro a molti dei docenti di filosofia italiani e in particolar modo a quelli di Ca' Foscari dove Galimberti ha vinto il concorso per la docenza presentando una serie di libri, almeno due dei quali scritti riutilizzando senza note i testi altri filosofi. «So che anche voi del Giornale vi siete recati, già all'epoca dello scandalo, a parlare con il rettore di Ca' Foscari e non è accaduto nulla.
Ma almeno adesso avendo ricevuto la mia sinossi nessuno potrà più far finta di non sapere cosa ha fatto Galimberti». E Bucci ricorda bene, fu proprio lo scrivente ad andare a Ca' Foscari ottenendo questa risposta dall'allora rettore, Pier Francesco Ghetti: «Non tocca tanto all'Università, quanto piuttosto alla comunità scientifica, in particolare a quella della disciplina. Io ho solo indicazioni di tipo giornalistico, non posso intervenire...». Era un «non posso» un po' strano. Adesso magari leggendo altre 280 pagine di documentazione il corpo docente veneziano o il ministero dell'istruzione, o la comunità scientifica potrebbero farsi venire qualche dubbio in più. Anzi, dovrebbero.
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