Ecco in mostra l'arte confiscata al crimine

Esposte 80 opere di De Chirico, Baj e Fontana frutto di sequestri e poi restituite alle collezioni

Ecco in mostra l'arte confiscata al crimine
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Pare che anche Al Capone, uno dei più celebri gangster della Storia, fosse un appassionato e collezionista d'arte. Non c'è da stupirsi perché arte e malaffare, da sempre, viaggiano a braccetto. Dopo armi e droga, infatti, il traffico illecito di opere è stimato come il terzo mercato criminale più lucroso, con profitti globali stimati intorno agli 8 miliardi di euro. Un investimento tra i più sicuri perché non perde valore e semplice da sottrarre all'aggressione patrimoniale.

È questo il tema di una nuova mostra presentata a Palazzo Reale intitolata «SalvArti» (da oggi al 26 gennaio), dalle confische alle collezioni pubbliche, un'esposizione simbolica di oltre 80 opere sottratte alla criminalità organizzata e restituite alla comunità. L'esposizione è parte del progetto «Arte per la cultura della legalità», a cura della Direzione generale Musei del Ministero della Cultura, dell'Agenzia Nazionale Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), del Comune e della Città Metropolitana di Reggio Calabria, in collaborazione con il Ministero dell'Interno. La mostra è fondamentalmente il frutto di due sequestri avvenuti a Roma nel 2013 e a Reggio Calabria nel 2016. Nel primo caso, si trattò di una confisca scaturita dall'indagine su una maxi-frode legata ad una rete internazionale di riciclaggio. Le 22 opere sequestrate dal Tribunale di Reggio Calabria fanno invece parte dei beni confiscati ad «un soggetto stabilmente dedito ad attività illecite che gestiva attività imprenditoriale di noleggio di videogames». Non pescecani, si direbbe in gergo criminologico, anche perché i grandi patrimoni d'arte, non solo della criminalità, sono in genere custoditi al sicuro nei caveau bancari dei paradisi fiscali. E che ci si trovi davanti alla puntina dell'iceberg è evidente guardando un'esposizione di opere firmate sì da grandi artisti moderni e contemporanei, ma non certo di capolavori milionari, a parte qualche eccezione.

Il percorso della mostra offre opere di «piccolo cabotaggio» tra dipinti, grafica e sculture firmate da artisti del Novecento come Giorgio de Chirico, Mario Sironi, Lucio Fontana, Massimo Campigli, Salvador Dalí, Andy Warhol, Mario Schifano, Robert Rauschenberg, Christo, oltre ad alcune sculture come un Disco di Arnaldo Pomodoro. Si tratta di opere, va detto, «funzionali» perché facilmente smerciabili sia nella rete delle fiere d'arte sia nel mercato delle aste, sia nel vasto sottobosco delle intermediazioni private. Alcune di queste testimoniano un gusto tipicamente «local» e sintonizzato sul mercato del centrosud, come i dipinti (per altro non eccezionali) della cosiddetta Nuova scuola romana di Bruno Ceccobelli, Piero Pizzi Cannella, Gianni Dessì e Nunzio Di Stefano; oppure della Transavanguardia campana dei Mimmo Paladino, Enzo Cucchi e Sandro Chia, tutti artisti non certo rivalutatisi nel tempo.

Ma nella collezione criminale esposta spunta anche una «chicca» da vero intenditore d'arte, oltretutto oggetto di difficile mercato: vale a dire il «libro d'artista», La Cantata Bluia Libro dore di Pier Paolo Calzolari. Un caso o il segno di un'incipiente, vera passione?

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