Una bomba da 2,5 miliardi: il rischio economico dietro lo scontro Usa-Cina

Le tensioni commerciali tra le due super potenze globali continuano a crescere tra dazi e contro dazi. Secondo Goldman Sachs uno scenario estremo di decoupling potrebbe costare carissimo

Una bomba da 2,5 miliardi: il rischio economico dietro lo scontro Usa-Cina
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Cosa succederà tra Stati Uniti e Cina? Le tensioni commerciali tra le due super potenze globali continuano a crescere tra dazi e contro dazi. L'incertezza regna sovrana e decine di migliaia di aziende aspettano di capire quali saranno le prossime mosse di Donald Trump e Xi Jinping. Washington e Pechino raggiungeranno un accordo oppure le loro economie andranno a separarsi sempre di più? Ebbene, secondo un'analisi di Goldman Sachs, in uno scenario estremo di decoupling la separazione tra i due maggiori mercati di capitali del mondo costerebbe 2,5 trilioni di dollari. Il motivo è semplice: gli investitori statunitensi e cinesi sarebbero costretti a disinvestire i loro investimenti in azioni e strumenti di debito.

Usa-Cina: i rischi delle tensioni commerciali

In caso di decoupling, si legge nel rapporto di Goldman Sachs, gli investitori statunitensi potrebbero essere costretti a vendere quasi 800 miliardi di dollari di azioni cinesi scambiate sulle borse americane. D'altro canto, la Cina potrebbe liquidare i suoi titoli del Tesoro e le sue partecipazioni azionarie statunitensi, pari rispettivamente a 1.300 miliardi di dollari e 370 miliardi di dollari. Il rischio di un disaccoppiamento tra Stati Uniti e Cina, ha sottolineato il South China Morning Post, potrebbe tra l'altro andare oltre il commercio. Il Segretario al Tesoro Usa, Scott Bessent, ha fatto presente non a caso che l’opzione di delisting delle società cinesi quotate negli Stati Uniti era, ed è ancora teoricamente sul tavolo.

Ricordiamo che, nel momento in cui scriviamo, l'amministrazione Trump ha imposto un dazio del 145% sulle esportazioni dalla Cina, mentre Pechino ha reagito con un'imposta del 125% su tutte le importazioni statunitensi e di un altro 20% su alcuni prodotti americani. "Sui mercati dei capitali, gli investitori azionari sono molto concentrati sul rinnovato rischio di delisting degli ADR [American Depositary Receipt] cinesi", hanno affermato gli analisti di Goldman nel richiamato rapporto. Se la minaccia dovesse concretizzarsi, andrebbe a colpire quasi 300 aziende, tra cui alcune delle più grandi aziende tecnologiche cinesi. Al 7 marzo, 286 aziende della Cina continentale erano quotate alla Borsa di New York (NYSE), al NYSE American e al Nasdaq, con una capitalizzazione di mercato complessiva di 1,1 trilioni di dollari.

Una bomba economica e finanziaria

Per la UBS Investment Bank Research l'eventuale rimozione delle società cinesi dalla quotazione negli Stati Uniti potrebbe avere importanti implicazioni per i colossi del Dragone, compreso un accesso ridotto al più ampio bacino di capitale degli Usa, potenziali multipli di valutazione più bassi a causa della perdita della base di investitori e una minore liquidità. Alibaba Group Holding è la più grande azienda cinese quotata negli Stati Uniti, con una capitalizzazione di mercato attuale di 257 miliardi di dollari, seguita dal rivale dell'e-commerce PDD Holdings (125,7 miliardi di dollari) e dall'operatore di giochi online NetEase (64 miliardi di dollari).

Nel frattempo il Nasdaq Golden Dragon China Index, che monitora 68 società cinesi quotate negli Stati Uniti con un valore di mercato totale di 239,2 miliardi di dollari, è crollato del 15% dopo l'annuncio di dazi e contro dazi.

Goldman Sachs prevede che una nuova ondata di azioni cinesi quotate negli Stati Uniti tornerà a Hong Kong, con il rischio di un disaccoppiamento finanziario tra Stati Uniti e Cina che si fa sempre più pressante. Il timer è partito. La bomba potrebbe esplodere da un momento all'altro.

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