
Mentre una parte del gotha imprenditoriale statunitense alza la cornetta per chiedere la testa dei principali promotori della linea protezionista — su tutti il Segretario al Commercio Howard Lutnick e il consigliere economico Peter Navarro — Donald Trump sceglie la strada opposta: blindare i suoi uomini, mostrandosi sordo alle pressioni del business e determinato a tenere il punto sulle politiche tariffarie.
Trump mantiene il punto sui dazi
Non è un caso che, su mandato diretto della Casa Bianca, i due alfieri della guerra commerciale abbiano fatto la loro comparsa in vari talk show domenicali, a voler smentire con la propria presenza ogni voce di ridimensionamento. Lutnick, in particolare, ha svolto un ruolo di primo piano nella più recente virata protezionistica: ospite di This Week su ABC, ha annunciato che smartphone e dispositivi elettronici rientreranno nei futuri dazi sul comparto dei semiconduttori — smentendo clamorosamente quanto affermato dall’amministrazione appena 48 ore prima.
“Non cambio idea, ma sono flessibile”, ha scandito Trump, oscillando tra fermezza e ambiguità. Il presidente ha poi ribadito l’intenzione di colpire anche il settore farmaceutico “in un futuro non lontano”, durante un colloquio con il presidente salvadoregno Nayib Bukele nello Studio Ovale. Una dichiarazione che si inserisce in un contesto di perenne volatilità, dove ogni annuncio può essere smentito o capovolto nel giro di un weekend. Intanto, un gruppo di interesse pubblico di ispirazione libertaria ha fatto causa al presidente per le azioni sui dazi. Il procedimento giudiziario intentato dal Liberty Justice Center sostiene che il presidente Usa non può imporre unilateralmente dazi ad altri Paesi invocando, come fatto da Trump, l'International Emergency Economic Powers Act del 1977.
Attese europee
Intanto, sui mercati finanziari continua l’effetto domino delle incertezze commerciali. Gli occhi degli investitori sono ora puntati sulla riunione della BCE di giovedì, da cui si attende un taglio di 25 punti base ai tassi d’interesse. Ma sarà soprattutto la conferenza stampa di Christine Lagarde a catturare l’attenzione: la tenuta dell’euro, recentemente rafforzato, e le future mosse di politica monetaria saranno il vero banco di prova. Oltreoceano, il BNY Investment Institute lancia l’allarme: l’inflazione americana potrebbe superare le stime, alimentata proprio dai dazi — un picco “ampio ma temporaneo”. La Federal Reserve, dal canto suo, dovrebbe adottare un atteggiamento attendista, lasciando intendere che eventuali contromisure potrebbero slittare addirittura al 2026, in attesa che le catene di approvvigionamento tornino a regime.
Tuttavia, il vero nodo, non è l’inflazione, ma il blocco degli investimenti: le imprese rimandano le spese, i produttori esteri congelano i piani di rilocalizzazione, e il mercato obbligazionario mostra crepe preoccupanti. Segno che la resilienza economica dell’Amministrazione Trump potrebbe non essere illimitata. Giovedì, poi, altro snodo chiave: a Washington è atteso il faccia a faccia tra Giorgia Meloni e il presidente Trump. Sul tavolo, inevitabilmente, anche la strategia commerciale del tycoon, che intanto si intesta un risultato simbolico. “È l’effetto Trump in azione”, recita trionfante una nota della Casa Bianca, riferendosi alla decisione di Nvidia di produrre negli USA i suoi supercomputer AI — un investimento da mezzo trilione di dollari nei prossimi quattro anni.
"L'Ue rimane costruttiva e pronta a raggiungere un accordo equo, che preveda anche la reciprocità attraverso la nostra offerta di dazi zero contro zero sui beni industriali e il lavoro sulle barriere non tariffarie. Il raggiungimento di questo obiettivo richiederà un significativo sforzo congiunto da entrambe le parti", scrive intando su X il commissario Ue al commercio Maros Sefcovic dopo l'incontro a Washington con il segretario al commercio americano Howard Lutnick e il rappresentante commerciale statunitense Jamieson Greer.
Xi va in tour
Intanto, l'acerrimo nemico Xi Jinping sceglie di flirtare con il Vietnam, nel bel mezzo del suo tour nel Sud-est asiatico contro i dazi Usa. Il presidente cinese ha lanciato un messaggio diretto a Washington all’inizio del suo viaggio, affermando che “nessuno vince in una guerra commerciale”. Il viaggio, che include tappe in Vietnam, Malesia e Cambogia, mira a rafforzare l’immagine della Cina come potenza responsabile e promotrice di stabilità, in netta contrapposizione alla linea protezionista di Trump. Nonostante una parziale sospensione, l’amministrazione Trump mantiene dazi fino al 145% su prodotti cinesi. Xi, attraverso un editoriale pubblicato su media ufficiali, ha esortato alla difesa del multilateralismo e delle catene di approvvigionamento globali. Ad Hanoi, è stato accolto con onori solenni — un gesto raro — e ha firmato accordi su infrastrutture, ambiente e commercio, tra cui l’accelerazione di un progetto ferroviario da 8 miliardi di dollari.
La visita sottolinea l’importanza strategica che Pechino attribuisce alla regione. Ma la posizione del Vietnam resta delicata: pur essendo governato da un sistema simile a quello cinese, ha intensificato i rapporti con gli Stati Uniti, diventando uno dei principali beneficiari del decoupling industriale da Pechino.
Tuttavia, Washington teme che Hanoi possa fungere da canale per aggirare i dazi contro la Cina. Xi Jinping proseguirà ora verso la Malesia e la Cambogia, in una missione che mira a rafforzare le relazioni regionali e offrire una risposta asiatica coordinata all’inasprimento delle politiche commerciali americane.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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