
La Cina è convinta che la guerra commerciale di Donald Trump "finirà con un fallimento" per Washington, e che i suoi contro dazi all'84% - in risposta a quelli statunitensi sul made in China lievitati fino al 125% - costringeranno gli Usa ad allentare la pressione. Il ministero degli Esteri cinese ha dichiarato che Pechino non è interessata a uno scontro "ma non avrà timore se gli Stati Uniti continueranno con le loro minacce tariffarie". Nel frattempo, però, le numerose fabbriche manifatturiere del Dragone trattengono il fiato in attesa di capire cosa succederà. E quali saranno gli effetti delle tariffe sui loro conti.
L'effetto immediato dei dazi di Trump
Il New York Times ha scritto che l'umore nelle strade polverose e nelle piccole fabbriche della Cina sudorientale, là dove batte il cuore manifatturiero del Paese, oscilla tra picchi di rabbia, preoccupazione e determinazione a non farsi piegare dalla delicata situazione. Le migliaia di piccole aziende orientate all'esportazione di Guangzhou e dintorni, le stesse che nell'ultimo mezzo secolo hanno svolto un ruolo chiave nello sviluppo nazionale, pronte a fornire qualsiasi prodotto manifatturiero a basso costo all'Occidente e fonte di impiego per milioni di lavoratori migranti provenienti da tutta la Cina, rischiano adesso di alzare bandiera bianca.
I dirigenti delle fabbriche di abbigliamento, per esempio, si preoccupano per una serie di ordini da parte di clienti americani annullati all'ultimo minuto. Temono che le perdite possano superare i guadagni. E che i profitti crollino sotto i colpi di una guerra commerciale senza esclusioni di colpi. Di paro passo, i funzionari delle fabbriche che producono macchinari si chiedono se i bassi costi li aiuteranno a sopravvivere. In tutto questo milioni di lavoratori sperano di avere ancora un lavoro nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
Non è difficile capire da dove nascano timori e ansie. Fabbriche del genere prosperavano rifornendo principalmente il mercato statunitense e i grandi marchi Usa. Molte hanno già chiuso temporaneamente, in attesa di maggiori chiarimenti sui dazi doganali, altre si stanno affrettando a trovare acquirenti in altri Paesi, o ad attirare nuovi clienti interni.
Le conseguenze in Cina
Ma la Cina si trovava già ad affrontare un'enorme sovrabbondanza di capacità produttiva, anche prima che Trump iniziasse a chiudere il mercato americano a molte importazioni da oltre la Muraglia. I prezzi rovinosamente bassi per i produttori sono diventati particolarmente diffusi nel mercato interno cinese. Come se non bastasse molti consumatori locali sono ora estremamente frugali dopo aver perso i risparmi di una vita nel crollo del mercato immobiliare nazionale.
Il ministero del Commercio di Pechino ha chiarito che "la porta al dialogo con gli Usa è aperta": "Ci auguriamo che gli Stati Uniti incontrino la Cina a metà strada e, sulla base dei principi di rispetto reciproco, coesistenza pacifica e cooperazione reciprocamente vantaggiosa, risolvano adeguatamente le divergenze attraverso il dialogo e la consultazione".
Nel frattempo l'Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti, ha fatto notare che nel 2024 gli Stati Uniti hanno importato merci dalla Cina per un valore di 438,9
miliardi di dollari, pari a circa il 3% del pil totale cinese. Goldman Sachs ha invece ipotizzato che gli ultimi dazi di Trump potrebbero far calare la crescita del pil del Dragone dal 4,5% al 4%.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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