In vista del Cop28 anche gli Emirati Arabi scoprono la finanza sostenibile

Gli Emirati accelerano sulla finanza sostenibile. Pesa il fatto che ospiteranno il Cop28 ma anche molte opportunità concrete di business

In vista del Cop28 anche gli Emirati Arabi scoprono la finanza sostenibile

Gli Emirati Arabi Uniti ospiteranno a Dubai, dal 30 novembre al 12 dicembre, la United Nations Climate Change Conference del 2023, nota come Cop28, e tra i temi su cui il Paese del Golfo sta lavorando per arrivare con una preparazione piena spicca la finanza sostenibile. Su cui, negli anni scorsi, Abu Dhabi e il suo governo non hanno spinto attivamente pur essendo gli Emirati emersi come grande piazza finanziaria su scala globale.

La spinta però è aumentata in occasione dell'organizzazione della conferenza mondiale per il clima e il passaggio di testimone tutto mediorientale tra Egitto e Emirati. La diplomazia finanziaria di Abu Dhabi è sempre più attenta alla sostenibilità, tanto che dal 21 al 23 marzo una delegazione del Paese del Golfo guidata da Thuraiya Al Hashmi, Direttore del Dipartimento Fiscale Internazionale presso il Ministero delle Finanze, si è recata a Udaipur, India, per partecipare alla seconda riunione del gruppo di lavoro sulla finanza sostenibile del G20.

L'India, presidente di turno del G20, ha negli Emirati un alleato strettissimo e la compresenza tra il G20 nel subcontinente e il Cop28 nel Golfo, che si terranno a poche settimane di distanza, impone ai partner di unire le forze. Nel 2022, inoltre, l'India e gli Emirati Arabi Uniti hanno firmato un accordo di partnership economica che si è posto l'ambizioso obiettivo di portare il commercio bilaterale a 100 miliardi di dollari entro fine 2027. La partecipazione dei fondi emiratini e dei capitali del Golfo nella finanza indiana, soprattutto a scopo sostenibile, è un passaggio fondamentale per moltiplicare investimenti e opportunità di sviluppo. E il Cop28 una vetrina fondamentale per potenziare tale partnership.

Gli Emirati stanno espandendo la loro proiezione come "polmone" della finanza sostenibile sfruttando anche la holding Mubadala, veicolo dell'espansione mondiale dei capitali del Paese. Ad esempio, Mubadala a ottobre si è alleata con il gigante finanziario Usa Kkr per costruire una piattaforma di finanziamento capace di mandare una quota di finanziamenti vicina al miliardo di euro in progetti di sviluppo di energia pulita nell'Asia indopacifica. E se l'India è una destinazione privilegiata degli investimenti, la corsa alla sostenibilità non conosce barriere geopolitiche, dato che Mubadala spinge per la crescita dell'economia circolare anche nel vicino Pakistan. Il Fintech Times ha inoltre ricordato che in tutta l'area del Medio Oriente e del Nord Africa (Mena) gli Emirati coprono il 55% delle domande di certificati Esg per le imprese finanziarie, stando ai dati del 2022.

La via maestra degli Emirati, del resto, è quella tracciata dalla finanza islamica che, con la sua attenzione all'economia reale e al rifiuto della speculazione, offre un gancio ideale per armonizzare i mercati in direzione della sostenibilità. Solo un mese fa la Dubai Islamic Bank ha piazzato un sukuk, ovvero un'obbligazione sharia-compliant, da un miliardo di dollari.

Capital Monitor ricorda che gli Emirati Arabi possono essere un pivot per lo sviluppo della finanza "verde", in sinergia con quella islamica, nell'intera area dei Paesi del Golfo. La spinta su sostenibilità e transizione può far sì che "entro il 2030, si possano creare 2 trilioni di dollari di Pil e più di un milione di nuovi posti di lavoro, secondo quanto prevede Strategy, un'affiliata di PwC.

Inoltre, i finanziamenti verdi potrebbero accelerare i piani della regione per la diversificazione economica" oltre l'esportazione di gas e petrolio. E Dubai e Abu Dhabi vogliono essere le "capitali" di questo processo. Anche grazie alla spinta di visibilità data dal Cop28.

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