Addio petrolio. I Rockefeller scaricano il barile

Anche la famiglia di miliardari americani abbandona il greggio. Il futuro è nelle energie rinnovabili

Addio petrolio. I Rockefeller scaricano il barile

Prima degli emiri del Golfo e delle spese folli dei nababbi russi in vacanza nel nostro paese un solo cognome era sinonimo universale di ricchezza spropositata: Rockefeller. Una ricchezza messa insieme dal capostipite della famiglia John D. Rockefeller, fondatore della Standard Oil, una delle più grandi aziende petrolifere della storia. Un impero basato sull'oro nero che lo rese il primo imprenditore statunitense a superare il miliardo di dollari di patrimonio e a controllare l'1,53% del Pil americano.

Secondo la rivista Forbes il patrimonio accumulato dal paperone americano ammontava a 692 miliardi di dollari. Una mastodontica eredità che i suoi eredi hanno saputo mantenere e espandere nell'arco del secolo, aiutati da un immutato fiuto per gli affari. Nel boom delle energie rinnovabili parla chiaro la decisione comunicata da Valerie Rockefeller Wayne che domenica scorsa ha partecipato alla "marcia per il pianeta" di New York. Basta con il petrolio.

La famiglia resa ricca dal greggio ha deciso di liquidare progressivamente le azioni di aziende che fanno profitti con il carbone e con le sabbie bituminose, due delle fonti più intense di emissioni inquinanti. In un secondo momento si sgancerà da tutto il settore dei combustibili fossili, comprese le compagnie petrolifere. La liquidazione contribuirà a finanzaire la fondazione filantropica Rockefeller Brothers Fund e i suoi progetti nelle energie green.

"Siamo convinti che se Rockefeller Sr. fosse qui oggi, da astuto uomo d’affari orientato al futuro, si starebbe muovendo fuori dal business petrolifero per investire nell’energia rinnovabile e pulita", afferma il presidente della fondazione Stephen Heintz, per difendere l'apparente brusca virata imprenditoriale degli eredi del magnate.

Le attività delle fondazione confluiranno nell'opera collettiva del movimento Global Divest-Invest che riunisce 180 istituzioni e quasi 700 individui, che in tutto valgono 50 miliardi di

dollari di patrimonio. Il movimento è nato nelle università nordamericane dove studenti e professori chiedevano agli stessi fondi gestione degli atenei di abbandonare le energie che contribuiscono all'emissione di gas serra.

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