Alitalia potrebbe beneficiare degli aiuti di Stato per un salvataggio o una ristrutturazione, ma dovrebbero attenersi alle "stringenti" norme Ue in materia. I principi generali della normativa Ue, infatti, permettono agli Stati membri di intervenire a favore di imprese, alle condizioni di mercato, senza violare le regole sugli aiuti di Stato. Se le imprese sono in difficoltà finanziarie possono ricevere aiuti pubblici per salvataggi o ristrutturazioni, ma solo sulla base di strette condizioni fissate dalle norme Ue e che devono essere approvate dall'Antitrust europeo per limitare gli effetti distorsivi sulla concorrenza.
Al momento, la Commissione Europea non ha ricevuto alcuna notifica di misure pubbliche di sostegno a favore di Alitalia, ha precisato Lucia Caudet, la portavoce della Commissione Ue. Tuttavia, ha anche aggiunto che la Commissione si aspetta di essere contattata dal governo italiano per eventuali aiuti pubblici a favore della compagnia aerea. E il governo ha fatto sapere, con l'intervento del ministro Poletti a SkyTg24 che "l'ipotesi nazionalizzazione è esclusa". Come governo, ha proseguito il ministro, "quello che potevamo fare, abbiamo cercato di farlo ottenendo il miglior risultato possibile in questa fase. Alitalia è un’azienda privata: ora dobbiamo aspettare la decisione degli azionisti, poi siamo pronti ad applicare la legge" in materia di tutele dei lavoratori e ammortizzatori. "Dobbiamo gestire la transizione nella maniera più equilibrata possibile per ridurre al minimo le sofferenze di tutti: cittadini, comunità da collegare, lavoratori, indotto". Per Poletti, l’esito del referendum si spiega con la "rabbia" dei lavoratori per l’ennesima crisi, la "critica al management, la scarsa fiducia rispetto alla validità piano. Per me è una scelta che produce un problema molto difficile da risolvere e danni agli stessi lavoratori".
Un'altra possibilità sul campo è un prestito per procedere alla liquidazione degli attivi, ma anche in questo caso si applicherebbero alcune condizioni. Alitalia non è soggetta alla regola dell'aiuto una tantum, perché l'ultimo piano di ristrutturazione approvato dalla Commissione risale a più di 10 anni fa. Inoltre, la Corte europea di giustizia ha riconosciuto la discontinuità economica tra Alitalia e Cai.
L'ex compagnia di bandiera ha già beneficiato di un aiuto alla ristrutturazione autorizzato nel 1997, confermato nel 2001 ed erogato tra il 1996 e il 2001. Nel 2008 la Commissione ha considerato illegale un prestito da 300 milioni e chiesto al governo di recuperare gli aiuti, cosa che non è mai avvenuta perché la vecchia Alitalia ha cessato di operare sul mercato. Il fatto che la Commissione abbia dichiarato le misure come illegali basta a non tenere conto dell'operazione del 2008 per il periodo di 10 anni previsto dalla regola dell'aiuto una tantum.
Il secondo commissariamento
Alitalia è un soffio dal secondo commissariamento in 9 anni e va verso una possibile liquidazione. Ad avviare le procedure previste dalla legge per uno o più commissari (possono arrivare a tre) ci penserà l'assemblea convocata per il 27 aprile. Si tratta dell'ennesima crisi di un vettore che non è riuscito a ripartire, nemmeno con l'ingresso dei soldi dei soci arabi di Etihad, che sembravano in grado di poter liberare la ex compagnia di bandiera dalla schiavitù del corto-medio raggio.
Secondo i conti fatti dall'Aduc, in 40 anni Alitalia è costata al contribuente circa 7,4 miliardi di euro tra salvataggi e altre iniezioni di capitale. Ora l'ipotesi di nazionalizzare sarebbe sottoposta agli stringenti vincoli europei sugli aiuti di Stato ed è stata più volte esclusa dal governo, che ha valutato un ulteriore miliardo di costi per la liquidazione, che includerebbe due anni di cassa integrazione straordinaria per i dipendenti e poi il sussidio Naspi. La compagnia finirebbe così per costare agli italiani oltre 9 miliardi di euro complessivi.
L'inizio dei problemi
Le ultime vicende di Alitalia iniziano nel 1996. L'allora presidente del consiglio, Romano Prodi, vorrebbe portarne in Borsa una quota, ma non se ne fa niente. Gli olandesi di Klm vorrebbero allearsi per fare di Malpensa l'hub del Sud Europa, ma l'operazione avverrebbe ai danni di Linate e non se ne fa niente, con 250 milioni di euro di costi di contenzioso in capo ad Alitalia.
Nel 2001 la ex compagnia di bandiera si allea con Air France, con uno scambio azionario del 2% ed entra nell'alleanza internazionale Skyteam. Ma sarà presto chiaro che Alitalia non può andare avanti da sola. Nel 2006, ancora Prodi, vuole cedere in Borsa una quota della compagnia, ma nessuno bussa alla porta. Solo l'anno dopo, Alitalia è a un passo dall'essere comprata dai cugini francesi di Air France, ma non se ne fa niente.
Il primo commissariamento
Prodi insiste, ma si crea una inedita alleanza tra sindacati e Silvio Berlusconi che, in vista delle elezioni politiche, si presenta con difensore dell'"italianità". L'operazione salta definitivamente ad aprile 2008. Berlusconi viene poi eletto e modifica la legge Marzano in modo da permettere il salvataggio da parte dei cosiddetti "capitani coraggiosi".
Sborsando 300 milioni di euro, Colaninno, Benetton, Riva, Ligresti, Marcegaglia e Caltagirone si prendono la "parte sana" della livrea tricolore e la fondono con AirOne di Carlo Toto, mentre ai contribuenti restano la "parte malata" e 2 miliardi di euro di costi. La "metà marcia" viene commissariata e la responsabilità della gestione va al commissario straordinario, Augusto Fantozzi. Sponsor principale dell'operazione è la Intesa Sanpaolo guidata da Corrado Passera.
L'operazione è tuttavia nuovamente fallimentare. Nel 2013 serve il sostegno di Poste Italiane per salvare Alitalia, o meglio la sua "parte sana", con un nuovo aumento di capitale da 225 milioni di euro. I 75 milioni di euro spesi da Poste sollevano le proteste dei britannici di British Airways che chiedono all'antitrust Ue di intervenire perché l'intervento sarebbe un aiuto pubblico illegittimo.
L'ingresso di Etihad
Alla fine l'operazione si completa e include 200 milioni di garanzie da parte delle banche creditrici e permette l'ingresso di Etihad nel 2014 con il 49%. Le banche creditrici - Intesa Sanpolo, Unicredit, Mps, Popolare Sondrio - sono oggi esposte con Alitalia per circa 600 milioni di euro e Generali ha un bond della compagnia da 375 milioni di euro. Nemmeno gli arabi si dimostrano incapaci di invertire la rotta.
Etihad entra nel capitale scatenando le proteste dei tedeschi di Lufthansa, che ritengono i 560 milioni di euro spesi complessivamente dagli emiratini un illecito aiuto di Stato. Ma l'accordo si fa.
"Vogliamo un'Alitalia più sexy, con i migliori servizi possibili", diceva nell'agosto del 2014 l'amministratore delegato di Etihad Airways, James Hogan, che ha lasciato a gennaio proprio per gli errori suoi e del suo uomo, Cramer Ball, nominato allora capo azienda di Alitalia e mai molto amato dalla metà italiana della compagnia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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