Christine Lagarde è tornata ieri al Fondo monetario internazionale, dove fino all'anno scorso era la padrone di casa, con in tasca una certezza, un progetto non privo di insidie e qualche preoccupazione. Lì a Washington si sono aperti i lavori dell'assemblea annuale dell'Fmi con un convitato di pietra, il Covid-19.
Tutto, timori e speranze, ruota attorno alla pandemia che ha sconvolto il mondo e cambiato in profondità le abitudini planetarie. E fra queste c'è anche il modo di lavorare, con lo sdoganamento dello smart-working, reso obbligato dalla necessità di evitare il più possibile i contatti interpersonali. Secondo la presidente della Bce, questo è un punto di non ritorno che renderà difficile - se non addirittura impossibile - ripristinare il tradizionale modello lavorativo una volta passata la bufera. «Dopo la pandemia il lavoro non sarà più come prima - ha detto la Lagarde - circa il 50% dei lavoratori» è passato al telelavoro durante il lockdown e «solo il 10%», ha osservato, «ha bisogno di tornare in ufficio». Dati inoppugnabili, senza tuttavia il conforto di un'analisi sulle ripercussioni che «l'ufficio in casa» rischia di avere, giusto per fare un paio di esempi, sul mercato immobiliare commerciale e sull'attività di ristorazione. Nonché sulla fisionomia dei centri storici che rischiano la desertificazione. Non ha quindi torto la ministra della Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, nel sottolineare che «il mondo sta cambiando rapidamente e noi dobbiamo farci interpreti e saper governare la rivoluzione, non subirla». Il che significa agire «senza paraocchi, valutando opportunità e problemi con attenzione».
Gli stessi timori riguardano l'introduzione dell'euro digitale. Christine Lagarde ha affermato che è un progetto verso cui l'Eurotower «sta guardando seriamente» anche perché «stiamo diventando più fiduciosi sui pagamenti digitali», come dimostra il minor ricorso al cash registrato «in Germania e in Italia», due Paesi tradizionalmente legati al contante. La seconda rivoluzione valutaria europea non è solo un'ipotesi di studio. La palla è già in movimento, visto che Francoforte ha da poco avviato le consultazioni pubbliche per capire l'umore di cittadini, banche e governi. Questi ultimi sembrano i più entusiasti all'idea di una moneta immateriale che renderebbe tracciabili le transazioni e che sarebbe quindi perfetta nella lotta all'evasione e al riciclaggio. La gente comune potrebbe invece diffidare del conio digitale proprio per i nodi legati alla privacy, mentre in prospettiva gli istituti di credito potrebbero subire seri contraccolpi se la clientela, confidando nel fatto che la Bce non può fallire, dirottasse i propri depositi presso i conti resi disponibili dalla banca centrale. Un rischio riconosciuto dalla stessa Lagarde: con la moneta elettronica, aveva detto poco prima di prendere il posto di Mario Draghi, «le banche centrali entrerebbero in competizione diretta con le banche commerciali e potrebbero togliere loro la fonte di liquidità». Ci sarà insomma ancora da lavorare. Nel frattempo, meglio non rimuovere gli aiuti all'economia.
«Auspichiamo - ha concluso la banchiera centrale - che i responsabili delle politiche capiscano che queste misure di sostegno devono proseguire anche se la ripresa si consolida e anche se la pandemia si riduce gradualmente».
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