Borse e spread, un’altra giornata di paura

Borse e spread, un’altra giornata di paura

Non sempre i numeri dicono la verità. A volte, possono anzi essere ingannevoli. Le Borse, per esempio, hanno chiuso ieri senza sussulti. Una perdita contenuta a Milano (-0,20%) e a Francoforte, un lieve rialzo a Parigi, bocce ferme a Madrid. Nulla a che vedere, insomma, con la caduta di massa di giovedì, quando gli indici si erano avvitati lasciando sul terreno oltre il 2%.
In realtà, l’ultima seduta prima della pausa pasquale è stata tutto fuorché normale. Fino al primo pomeriggio, tutti gli indici erano in forte sofferenza, con perdite tra l’1 e il 2%. Solo i dati positivi sull’occupazione dagli Stati Uniti hanno evitato un altro bagno di sangue. Ma, ancora una volta, si è rivisto quel repertorio fatto di paure indotte dalla crisi del debito e dai venti di recessione. Peraltro alimentati dalle ultime analisi dell’Ocse, secondo cui perfino la Germania ha avuto una contrazione dello 0,2% nell’ultimo trimestre 2011, mentre l’Italia si è confermata maglia nera tra i maggiori Paesi industrializzati: il Pil della Penisola ha accusato il calo più forte nel quarto trimestre, un -0,7% rispetto ai tre mesi precedenti dopo il -0,3% del terzo trimestre. L’organizzazione guidata da Angel Gurria non ha fatto altro che fotografare uno scenario già noto. Più che il passato prossimo, però, preoccupa il presente e le scarse prospettive di crescita. Tali da sollevare un problema di tenuta dei conti in quei Paesi alle prese con la ristrutturazione dei bilanci e con le riforme strutturali. Nei giorni scorsi il governo Monti ha smentito la necessità di una manovra aggiuntiva, che potrebbe rendersi necessaria - secondo un rapporto che Bruxelles non ha nè confermato, nè smentito - a causa del minor gettito derivante dalla recessione e dagli alti tassi di interesse.
Se il passo da gambero del Pil era inevitabile dopo le manovre depressive varate a partire dalla scorsa estate, sul secondo punto le cose sembravano essersi messe un po’ meglio. In quest’ultima settimana, l’andamento degli spread ha invece finito per rimescolare le carte. Lo si è ben capito proprio ieri, quando il differenziale di rendimento tra i Btp e i Bund tedeschi è schizzato fino a 380 punti, il massimo da febbraio, per poi chiudere a quota 370. Un livello comunque poco rassicurante, e ben oltre il limite di 340 indicato dallo stesso Monti. Difficile dire se i mercati stiano mostrando il pollice verso a una riforma del mercato del lavoro un po’ annacquata, rispetto all’impianto originale. Quel che conta è la possibile ricaduta sulle future emissioni della Repubblica italiana. Il primo banco di prova sarà mercoledì prossimo, quando il Tesoro metterà all’asta Bot per 11 miliardi. Il collocamento potrebbe essere meno agevole se la Spagna sarà ancora nell’occhio del ciclone a causa del suo debito. Ieri i tassi dei Bonos a 10 anni si sono riavvicinati alla soglia d’allarme del 6%, in seguito al balzo dello spread oltre i 400 punti. Più preoccupante la dinamica sui bond del Portogallo: rendimenti sopra il 12% e differenziale oltre 1.050 punti. I mercati scommettono che Lisbona richiederà, come la Grecia, un nuovo programma di aiuti, dopo quello da 78 miliardi già ricevuto. Un’ipotesi, del resto, non esclusa dal Fondo monetario internazionale.
Insomma, un quadro complessivamente ancora complicato, destinato a pesare in Borsa soprattutto sui titoli bancari, i più esposti alla crisi del debito.

L’Eba, l’autorità bancaria europea, ha confermato che se fossero già applicate le regole di Basilea 3, le principali 48 banche europee avrebbero bisogno di rafforzare il capitale per 242 miliardi di euro. Un problema. Al punto da indurre l’Ecofin a convocare una riunione straordinaria, il prossimo 2 maggio, per trovare un accordo proprio sui nuovi requisiti di capitale.

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