Basta veti “ideologici”: l’Italia sproni l’Europa ad autorizzare gli ultimi ritrovati della “scienza biotecnologica” in agricoltura. È questo il messaggio che invia la Federazione Internazionale del latte (Fil-Idf) per bocca del suo presidente, Piercristiano Brazzale. La tempesta perfetta di carestia da materie prime, già in corso da qualche anno, e del caro energia, di cui la guerra in Ucraina è stata il detonatore, hanno riportato di prepotenza alla ribalta il tema dei cosiddetti OGM (in realtà superati, di nome e di fatto, dagli avanzamenti del Genome Editing, l’ingegneria genetica che interviene sul Dna con correzioni minime senza spostare la sequenza dalla sua posizione naturale). Ma Brazzale, primo italiano alla presidenza dell’organismo tecnico-scientifico che riunisce tutti i protagonisti della filiera, dagli allevatori agli enti di ricerca passando per i ministeri e le associazioni consumatori, prima ci tiene a fare chiarezza sulla “situazione contingente, che è davvero esplosiva”.
Cos’è successo dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina?
"Il 13 febbraio ho scritto un post su Facebook che, con mia stessa sorpresa, ha avuto 50 mila condivisioni. Elencavo tutte le risorse naturali dell’Ucraina: primo posto al mondo per riserve di uranio e nelle esportazioni di olio di semi di girasole, 2° per manganese, 2° per ferro, 7° per carbone, terzo, dopo Usa e Francia, per apparecchi di localizzazione, primo in Europa per superficie coltivabile e per produzione di ammoniaca. Senza contare che da Ucraina e Russia viene il 50% del mais del mercato europeo. I tre elementi indispensabili per la concimazione, azoto fosforo e potassio, sono presenti al 30% in Russia. Ci rendiamo conto di cosa significa?".
Me lo dica lei.
"Significa che per esempio il Brasile, venendo a mancare queste forniture, sta pensando di andare a recuperarle in Amazzonia. Non so se questo rende chiaro a che punto potremmo arrivare. È un vero e proprio tsunami mondiale".
L’organizzazione che lei presiede come ha reagito?
"Con l’International Agri-Food Network (IAFN), il 15 marzo abbiamo inviato una lettera al segretario generale della Fao, con la quale per altro siamo sempre in contatto (e lo stesso con l’Oms), in cui chiediamo interventi che vadano ad agire sui problemi che non solo soltanto quelli del momento, perché vanno sommati anche quelli derivanti dai costi energetici e dai due anni di pandemia".
I governi nazionali nel frattempo stanno procedendo alla spicciolata.
"Sì, ci sono Stati che hanno deciso unilateralmente di bloccare le esportazioni, come l’Ungheria, la Serbia e la Bulgaria, ma anche l’Argentina e la Turchia. L’Ungheria però, dopo che il premier Mario Draghi si è sentito con Orban, deve aver fatto già marcia indietro. Spaventa questo ritorno alle chiusure nazionalistiche, perché va ad aggravare le carenze di quei Paesi, come il nostro, che vivono di importazioni di materie prime".
È comprensibile che la politica voglia difendere nell’immediato i propri sistemi economici, non trova?
"Si può capire, ma la logica della paura provoca effetti reali devastanti".
Le sanzioni contro la Russia hanno contribuito a innescare la spirale?
"Sicuramente. Che lo si voglia o no, viviamo in un mondo ormai globalizzato, talmente interconnesso che non è più possibile, anche se qualcuno magari lo vorrebbe, che si possa tornare indietro. Dove andiamo a prenderle le forniture, sulla Luna? Guardi che le aziende hanno visto salire i prezzi di vari multipli nel giro di una settimana. Il mais, da 17-18 euro a quintale, è arrivato a 42 euro. Il prezzo dell’orzo è più che raddoppiato. Idem per i fieni".
L’Unione Europea ha varato un pacchetto di misure fra cui lo sblocco dei campi incolti e aiuti per più di 1 miliardo di euro. Bastano?
"Credo che sia giunto il momento di ragionare in termini di medio-lungo periodo. Da anni i tecnici fanno presente che lo sviluppo sostenibile può essere attuato mediante tecniche di incremento della produzione che si affidino sulle biotecnologie. Purtroppo la Politica Comune Agricola dell’Europa ancora è influenzata dalla filosofia originaria centrata sulla riduzione delle eccedenze, che combinata con l’ideologia green ha prodotto quel Green Deal che esclude le biotecnologie…".
Ovvero gli Ogm che trovano l’opposizione di vari attori sulla scena. Non riconosce nessuna ragione obiettiva ai critici?
"È solo ideologia. Il 60-70% del mondo usa gli Ogm, dagli Stati Uniti alla Cina. Cosa sono, tutti pazzi? Io dico: fuori i farisei dal tempio, lasciate fare alla scienza! Voglio ricordare che fu il compagno Lula, in Brasile, a dare luce verde agli Ogm".
Non sembra però una soluzione per l’immediato.
"E invece deve essere una decisione da prendere in brevissimo tempo. La formula giusta è “intensificazione sostenibile”.
Come rendere sostenibile un’intensificazione produttiva?
"Facendo tutto il contrario dell’ultima strategia adottata dall’Ue nel 2019, la Farm to Fork della Commissione Europea".
Cioè?
"Cioè aumentare, anziché ridurre, la produzione, che scenderebbe del 10-15% condannandoci a una maggiore, e non minore, dipendenza dall’estero. Ma credo che l’unica cosa positiva di queste terribili giornate è che finalmente le menti si stanno svegliando. Non c’è più tempo: il rischio di dover abbattere i capi di bestiame è reale. Servono scelte sostanziali subito".
In pratica, quali?
"Il governo deve battersi perché l’Europa rimetta in discussione il Green Deal. È ora di farla finita con l’ideologia".
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