La cattiva burocrazia costa 57 miliardi di euro alle Pmi

Secondo l'ufficio studi della Cgia di Mestre, le piccole e medie imprese spendono ogni anno 57 miliardi di euro per la gestione dei rapporti con la Pa. Che, nei confronti dei propri fornitori, ha debiti per 53 miliardi

La cattiva burocrazia costa 57 miliardi di euro alle Pmi

Cattiva burocrazia e pressione fiscale. Ancora una volta, sono questi i principali problemi delle piccole e medie imprese italiane. Che, ogni anno, spendono 57 miliardi di euro per la gestione dei rapporti con la Pa, vantando nei confronti di essa crediti per 53 miliardi di euro. Una situazione che "frena l'economia e i cittadini si sono ormai arresi: il grado di fiducia e di soddisfazione è tra i più bassi di tutta Europa". A lanciare l'allarme è l'ultimo rapporto della Cgia di Mestre.

Secondo il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, "il costo annuo sostenuto dalle aziende per la gestione dei rapporti con la Pa ammonta a 57 miliardi di euro". Quasi il doppio del valore dell'ultima manovra, 3 punti di Pil. Una "spesa" che per la Cgia "costituisce un freno allo sviluppo, agli investimenti e all'occupazione, penalizzando soprattutto le Pmi".

Piccole e medie imprese che, allo stesso tempo, sono danneggiate dal "debito commerciale della nostra Pa nei confronti dei propri fornitori di 53 miliardi, cifra che rimane tra le più elevate di tutta Europa". Nel mirino del segretario della Cgia, Renato Mason, non solo il "ritardo del tutto ingiustificato" con cui la Pa paga i propri debiti, ma anche il mancato versamento dell'Iva al proprio fornitore. "Le imprese che lavorano per lo Stato - spiega Mason - oltre a subire tempi di pagamento spesso irragionevoli, scontano anche il mancato incasso dell'Iva che consentiva alle imprese di avere maggiore liquidità per fronteggiare i pagamenti correnti. Questa situazione, associandosi alla contrazione degli impieghi bancari nei confronti delle imprese avvenuto in questi ultimi anni, ha peggiorato la tenuta finanziaria di moltissime Pmi".

La Cgia, pur sottolineando che sarebbe sbagliato "non riconoscere anche i livelli di eccellenza che caratterizzano molti settori del nostro pubblico impiego", come il servizio sanitario in molte regioni centri-settentrionali, il livello di insegnamento in molte scuole superiori e la qualità del lavoro effettuato dalle forze dell'ordine, denuncia però i "livelli di efficienza abbondamente insufficienti, soprattutto nel Mezzogiorno, della nostra Pa". Tra i settori che funzionano peggio ci sono giustizia, sanità, scuola e sicurezza.

Eloquenti gli indici di soddisfazione dei cittadini. Per esempio, solo il 31% degli italiani intervistati ha dichiarato di avere fiducia nel sistema giudiziario, a pari merito con la Slovenia. Solo la Lettonia ha un livello di fiducia inferiore a noi. La media Ue è pari al 56%.

Discorso simile per l'assistenza sanitaria. La Cgia riferisce che "ci piazziamo al 20 posto con il 49% degli italiani che ha dichiarato di usufruire di un buon servizio sanitario. La media Ue si è attestata al 68%". Peggio dell'Italia solo Ungheria, Grecia e Lettonia. Anche in questo caso, come per la giustizia, "il nostro grado di soddisfazione rispetto all'esito emerso nel 2007 è inferiore di 7 punti percentuali". Va meglio il dato sul "livello di soddisfazione della nostra scuola che, per il 58% degli italiani, è più che positivo, contro una media Ue del 67%. Rispetto ai 23 paesi europei monitorati da questa indagine ci collochiamo al 18° posto appaiati alla Slovacchia. Rispetto alla rilevazione realizzata 11 anni fa, il livello di soddisfazione in Italia è aumentato di due punti percentuali".

Infine, per quanto concerne il grado di fiducia nella sicurezza e nel lavoro della polizia locale, "il 75% degli italiani ha dichiarato di essere molto elevato.

La media Ue si è attestata al 78%. In Europa ci collochiamo al 15° posto. Se compariamo il nostro risultato con quello emerso nel 2007, scorgiamo che il grado di fiducia è salito di un punto percentuale", conclude il rapporto della Cgia.

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