Il ceto produttivo messo in ginocchio dalla crisi: il 25% è a rischio povertà

Nel 2015 già chiuse 350mila attività. La Cgia a Renzi: "La legge di Stabilità prevede pochissime misure a sostegno di questi lavoratori"

Produzione industriale
Produzione industriale

La crisi colpisce soprattutto le famiglie di piccoli imprenditori, artigiani, commercianti, liberi professionisti e soci di cooperative. Un lavoratore autonomo su quattro, infatti, è a rischio povertà. Secondo il report della Cgia di Mestre, le famiglie con un reddito principale da lavoro autonomo presentano un rischio povertà quasi doppio rispetto a quello delle famiglie di lavoratori dipendenti.

Secondo i dati dell'ufficio studi della Cgia, nel 2013 il 24,9% delle famiglie con fonte principale da lavoro autonomo ha vissuto con un reddito disponibile inferiore a 9.456 euro annui, soglia di povertà calcolata dall’Istat. Praticamente una su quattro si è trovata in seria difficoltà economica. Per quelle con reddito da pensioni, il 20,9% ha percepito entro la fine dell'anno un reddito al di sotto della soglia di povertà, mentre per quelle dei lavoratori dipendenti il tasso si è attestato al 14,4%, quasi la metà rispetto al dato riferito alle famiglie degli autonomi. "Dopo quasi sette anni di crisi, il cosiddetto ceto medio produttivo è sempre più in affanno - fa notare il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi - oggi è il corpo sociale che più degli altri è scivolato verso il baratro della povertà e dell’esclusione sociale". A differenza dei lavoratori dipendenti quando un autonomo chiude definitivamente bottega non dispone di alcuna misura di sostegno al reddito. Ad esclusione dei collaboratori a progetto che possono contare su un indennizzo una tantum, le partite Iva non usufruiscono dell’indennità di disoccupazione e di alcuna forma di cassaintegrazione. Una volta chiusa l’attività ci si rimette in gioco e si va alla ricerca di un nuovo lavoro. "Purtroppo non è facile trovarne un altro - denuncia Bortolussi - spesso l’età non più giovanissima e le difficoltà del momento costituiscono una barriera invalicabile al reinserimento, spingendo queste persone verso forme di lavoro completamente in nero".

Dalla Cgia di Mestre fanno notare che dal 2008 al primo semestre di quest’anno gli autonomi che hanno chiuso l’attività sono stati 348.400. Nello stesso periodo la contrazione è stata del 6,3%. La platea dei lavoratori dipendenti, invece, si è ridotta di oltre 662mila unità, ma in termini percentuali è diminuita "solo" del 3,8%. "È sempre più evidente a tutti che la precarietà nel mondo del lavoro si annida soprattutto tra il popolo delle partite Iva - prosegue Bortolussi - detto ciò, la questione non va affrontata mettendo gli uni contro gli altri, ipotizzando di togliere alcune garanzie ai lavoratori dipendenti per darle agli autonomi, ma allargando l’impiego di alcuni ammortizzatori sociali anche a questi ultimi che, almeno in parte, dovranno pagarseli". Bortolussi fa notare al premier Matteo Renzi che la legge di Stabilità "prevede pochissime misure a sostegno di questi lavoratori".

Il regime fiscale agevolato, per esempio, presenta molti ancora molti punti oscuri. Il taglio dell’Irap non interesserà le attività che non hanno dipendenti, mentre sembra ormai sfumata l’ipotesi di estendere anche agli autonomi il bonus degli 80 euro.

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