L'idea di progresso non ha nulla a che vedere con il progressismo. Adoperarsi per il progresso, ovvero per il bene comune, non è un'ideologia, ma un pensiero di libertà e di libertà economica che ha a cuore l'individuo, il suo desiderio di costruire e di mettersi in relazione con gli altri. In Italia i fautori del pensiero liberale sono visti con sospetto. È come se la storia non avesse insegnato nulla. Domando: tagliare le gambe alle imprese, soprattutto alle piccole e medie imprese, è una politica che mira al progresso? E cosa c'entra il progresso con decisioni dal sicuro impianto statalista/assistenzialista come il reddito di cittadinanza?
Per non parlare della volontà di far chiudere i negozi la domenica! L'Italia è in regressione, altro che progresso. Quando l'economia reale, cioè quella vera, quella che produce, dà lavoro, si rimbocca le maniche, trova scarsissimo ascolto, non ci può essere progresso, non si può crescere, né guardare in avanti con spirito positivo. Colpisce come nel mondo accademico statunitense vengano apprezzate le analisi e le riflessioni dell'Istituto Bruno Leoni, think tank italiano a decisa vocazione liberale. Forse che quel pensiero risponda meglio di altri alla domanda di libertà economica? Gli Usa in materia la sanno lunga, è da sempre la loro architrave. C'è vero progresso solo quando si dà ad ogni soggetto responsabile la possibilità di liberare le proprie energie. Poi la sua impresa può funzionare o meno: è il mercato a decidere. Non l'ingerenza spropositata dello Stato. I cultori del progressismo non amano la libertà.
Il fatto che ancora il Belpaese non abbia preso coscienza che la strada da perseguire è quella dello Stato leggero, autorevole e non autoritario, dice purtroppo del nostro declino. Tra trivelle che non girano, Tav sul binario morto, saracinesche abbassate. Progressismo senza progresso. Economia reale in catene!www.pompeoelocatelli.it
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