Questi anni di dichiarata emergenza sanitaria e restrizioni hanno provocato seri danni alla categoria professionale dei piccoli imprenditori, come artigiani, esercenti, lavoratori autonomi e partite Iva. A lanciare l'allarme è ancora una volta l'ufficio studi Cgia di Mestre, che sul proprio portale online riporta i dati più recenti: all'appello, ormai, mancano circa 321 mila lavoratori, rimasti travolti dalle chiusure imposte al Paese ed alla pesante crisi economica arrivata come conseguenza della pandemia.
Prima che scoppiasse l'emergenza Covid, ossia nel febbraio 2020, si parlava di un totale di 5.194.000 unità, numero che adesso si è ridotto a 4.873.000, con un -6,2 % (dati di dicembre scorso rilasciati dall'Istat). A migliorare, invece, sarebbe stato il numero dei lavoratori dipendenti: in questi ultimi due anni, la platea si è allargata a 34 mila unità, con un +0,2 %. Doveroso tuttavia ricordare che i contratti a tempo indeterminato sono diminuiti di 98mila unità, lasciando il posto ai lavori a termine, i cui contratti sono cresciuti di 133mila unità.
Tornado ai lavori autonomi, gli esperti di Cgia precisano che la crisi era comunque presente già prima del Covid: dopo il picco massimo raggiunto nel 2016, quando si raggiunse quota 5.428.000, era infatti cominciata una progressiva discesa, fino al minimo storico raggiunto lo scorso dicembre (4.873.000 unità). La dichiarata crisi sanitaria ha poi fatto il resto, portando al tracollo dei lavoratori autonomi e dei dipendenti. Mentre questi ultimi si sono poi gradualmente ripresi, per i lavoratori autonomi la crisi sembra non essere affatto finita, anzi, è stato raggiunto un livello mai toccato prima di oggi.
Le cause, secondo Cgia, sono da identificare nelle pesanti limitazioni alla mobilità, all'impennata dei costi dovuti all'inflazione ed al caro energia, alle tasse e, ovviamente, al calo dei consumi. Anche il costo degli affitti ha influito notevolmente. Non solo. Lo shopping online ha inferto un colpo decisivo: questi anni di chiusure e restrizioni hanno portato ad un maggior ricorso all'e-commerce, arricchendo le grandi compagnie di distrubuzione ed impoverendo i piccoli negozi. Alcuni esercenti riescono ancora adesso a sopravvivere ma molti, purtroppo, hanno dovuto cedere.
Cosa fare dunque? Gli esperti di Cgia provano a dettare una tabella di marcia: "Abbassare le tasse, rilanciare i consumi e ad alleggerire il peso della burocrazia è necessario, in particolar modo nell'artigianato, rivalutare il lavoro manuale perché negli ultimi 40 anni c'è stata una svalutazione culturale spaventosa". È necessaria una vera e propria rivoluzione per far ripartire un sistema ormai in crisi."Non sono pochi, infatti, i settori dove i posti di lavoro rimangono scoperti perché i giovani non sono disponibili a impegnarsi professionalmente", fanno sapere dal centro studi di Mestre.
Da oltre un anno, la Cgia sta chiedendo al presidente del Consiglio Mario Draghi ed ai governatori delle Regioni un tacolo di crisi per discutere del problema e trovare delle soluzioni. C'è bisogno di dare una risposta concreta e forte. Le misure di sostegno varate sino ad ora dal governo, per quanto utili, non sono sufficienti. Anche il ministero dell'Istruzione, secondo Cgia, può fare la propria parte, attivando una importante azione informativa e formativa nei confronti degli studenti.
"Una volta terminato il percorso scolastico, nel mercato del lavoro ci si può affermare anche come lavoratori autonomi. Prospettiva, quest'ultima, che tra i giovani è poco conosciuta", spiegano infatti dal centro studi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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