Il Colosseo, Della Valle e il vizio di perseguitare chi investe

Il privato è buono solo quando paga le tasse: una stupida mucca da mungere

Il Colosseo, Della Valle e il vizio di perseguitare chi investe

Alle solite: dopo che l'imprenditore Diego Della Valle ha messo a disposizione consistenti risorse di sua proprietà per finanziare il restauro del Colosseo con l'ovvio beneficio di poter avere un ritorno d'immagine dall'intera operazione ora la Corte dei Conti interviene per esprimere «perplessità sotto il profilo dell'economicità dell'operazione».

Si avanzano riserve su diversi punti, ma in particolare sul fatto che la quantità e la durata dei diritti concessi allo sponsor possano far configurare un beneficio eccessivo a vantaggio di chi ha pagato i lavori di ristrutturazione.

In linea teorica, tutto questo può avere una sua ragionevolezza e non c'è da stupirsi se in tale partnariato tra pubblico e il privato quest'ultimo ne ricaverà un vantaggio. Ma è pur vero che quanto affermano i giudici incaricati di valutare sull'operato delle amministrazioni pubbliche è altamente opinabile, dato che ci troviamo in una situazione fuori mercato. Nessuno è in grado di dire quanto valga la facoltà di utilizzare il diritto d'immagine connesso a questo monumento. E non lo si può dire perché, nell'universo dei beni collettivizzati, non abbiamo scambi tra proprietari e quindi non abbiamo prezzi di mercato. Lo stesso linguaggio dei giudici è rivelatore: essi possono formulare, al massimo, qualche perplessità e nulla di più.

Un dato è però chiaro. Da tempo immemorabile il Colosseo era in una situazione pietosa e finalmente, grazie ai soldi di un privato, si sta provvedendo a rimetterlo a lustro. Qualcuno ci guadagnerà? È possibile, ma sicuramente ne trarrà vantaggio anche la città di Roma e con essa quanti hanno a cuore il suo patrimonio storico.

È comunque triste che ogni volta che qualcosa si muove, e nella direzione giusta, ci sia sempre qualcuno che vuole vedere per forza di cose connessioni torbide e oscure trame. E in questo senso è chiaro che chi, fin dall'inizio, ha guardato con sospetto l'iniziativa di un uomo d'impresa determinato a fare qualcosa per pezzo importante della storia romana sia prigioniero di un vecchio pregiudizio avverso all'economia privata.

Se a condurre i lavori fosse stato il Comune di Roma, tanto inefficace nel gestire la pulizia della città e nel trattamento dei rifiuti, nessuno avrebbe detto nulla. Perché sono in molti a credere che «lo Stato siamo noi» e che il pubblico è in qualche modo sempre innocente, mentre il privato è buono solo quando paga le tasse: una stupida mucca da mungere.

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