Coronavirus, Tremonti: "È la crisi della globalizzazione"

L’ex ministro dell’Economia spiega la Cina. Un Paese con aree interne fortemente disagiate. Il virus metterà a dura prova un’economia globale già debole

Coronavirus, Tremonti: "È la crisi della globalizzazione"

E che dire della Cina in questo oceano di insicurezza? Quali ripercussioni avrà il virus sull’economia globale? Per Giulio Tremonti la crisi da coronavirus avrà ripercussioni sul modello economico occidentale. In particolare sulla globalizzazione. La radice di quello che sta succedendo, dell’emergenza, starebbe tutta in una foto. Quella di una Cina la cui costa di notte è totalmente illuminata. Ma che vede l’interno buio, a parte alcune aree attorno a Pechino e a qualche grande città. È un buco nero che risucchia tutto. Anche la salute dei suoi cittadini. È una contraddizione vivente che si è aperta tra la parte meno sviluppata del Paese e quella costiera iper avanzata. L’ex ministro dell’Economia è sicuro: "La crescita della Cina negli scorsi due decenni è stata troppo rapida, una forzatura che ha creato grandi squilibri".

Tremonti osserva il mondo con le lenti dell’economia. Sin dai primi anni Duemila afferma che il ritmo accelerato della mondializzazione sarebbe stato insostenibile. Il mondo intero sarebbe ora a un bivio. E questo lo ha già scritto. Si tratta di un nuovo capitolo, in forma di almanacco, per la quarta edizione del libro "Le tre profezie", edizioni Solferino, che uscirà tra pochi giorni nelle librerie. Affronta il problema coronavirus, dialogando con Danilo Taino sulle pagine del Corriere della Sera.

Spiega che la Cina ha un grande problema demografico, mezzo miliardo di persone anziane. Quando, nel 2009, Xi Jinping, che allora non era ancora presidente, lo invitò a tenere una lezione alla scuola del partito comunista, gli fu detto che l’obiettivo era fare diventare i cinesi un po’ più ricchi prima che diventassero vecchi. E in questa direzione si sono lanciati, per esempio puntando sull’intelligenza artificiale come sostituto della manifattura. È una corsa che ha creato un impressionante squilibrio geografico.

"A Pechino sembrano terrorizzati: credo più per gli squilibri economici e politici che il coronavirus ha creato che non per gli aspetti sanitari. Se infatti l’economia occidentale frena, è evidente che questa crisi è un colpo duro anche per la Cina". I crolli delle Borse sono la cosa visibile, ma forse meno rilevante. Già gli Stati Uniti di Trump stavano portando un attacco commerciale e tecnologico ai cinesi: vedi il caso Huawei sulle reti di telecomunicazione 5G. A questa tensione si aggiunge ora il contraccolpo economico del virus, che sarà molto consistente.

Il Pil di Cina, Europa e Stati Uniti, secondo Tremonti, scenderà parecchio più delle previsioni ufficiali, le stime vanno corrette al ribasso. "Oltre all’aspetto diretto della crisi, che avrà forti ricadute sociali ed economiche, saranno da ricostruire le filiere produttive mondiali che avevano al centro la Cina, ora mezza bloccata". Poi, da rilevare, c’è la globalizzazione che viene messa a rischio. Vive una crisi. "È un momento di enorme cambiamento". La finanza sarebbe all’origine di questo crack e non può essere la soluzione. Quindi l’intervento delle banche centrali sarà relativo.

Gli spazi per abbassare i tassi d’interesse, tra l’altro, sono minimi ovunque. "Credo invece che debba tornare la politica. Magari con un piano di investimenti pubblici. E in Europa con la creazione di Eurobond estesi anche al settore della Difesa, dal momento che il passaggio che stiamo vivendo è straordinario e occorre essere pronti a scelte non facili". Infine Tremonti, si sofferma sull’Italia.

"Di fronte all’emergenza sanitaria, il governo non ha fatto quello che doveva. Ha lasciato che ognuno andasse per i fatti suoi. L’economia era già ferma, poi è arrivata la Cina e poi il pasticcio che ci siamo fatti da soli".

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