Corte dei Conti: "Ritoccare l'Iva porterebbe 5 miliardi"

Spostare circa l’8% della base imponibile con Iva agevolata al 10% verso l’aliquota ordinaria al 22% porterebbe nelle casse dello Stato 5 miliardi

Corte dei Conti: "Ritoccare l'Iva porterebbe 5 miliardi"

Spostare circa l’8% della base imponibile con Iva agevolata al 10% verso l’aliquota ordinaria al 22% porterebbe nelle casse dello Stato 5 miliardi. È una simulazione presentata dalla Corte dei Conti nel documento sul Def depositato in Parlamento. Così si attuerebbe un innalzamento del "rendimento" dell’Iva che rappresenta "un obiettivo strutturale della politica fiscale", visto che l’Italia "si colloca tra gli ultimi Paesi europei per incidenza dell’Iva sul Pil, agendo sulla redistribuzione tra le aliquote".

La Corte precisa di aver scelto il target di 5 miliardi aggiuntivi di gettito, calcolato considerando anche il potenziale aumento del tasso di evasione, "a fronte di soluzioni più drastiche ma difficilmente praticabili, come quella di un totale riallineamento della base imponibile dell’Iva italiana alla media europea che vede circa il 25% dei beni con aliquota agevolata contro il 43% della base imponibile italiana assoggettata all’Iva al 4 o al 10%. La misura avrebbe un impatto contenuto sul Pil reale e un limitato effetto sui prezzi, mentre l’indebitamento netto osserverebbe un miglioramento di 3 decimi di Pil nel triennio 2017-19 e il rapporto debito/Pil diminuirebbe di 1,2 punti nel 2019. L’altra simulazione presentata dalla Corte dei Conti guarda invece ad un aumento "dell’aliquota super ridotta dal 4 al 6% e di quella intermedia dal 10 all’11%". Questo modello però andrebbe a toccare "beni di prima necessità come pane, pasta, frutta e verdura che ora sono al 4% e servizi come abbonamenti ai mezzi pubblici, acqua ed energia elettrica (che ora hanno l’aliquota al 10%) e avrebbe effetti recessivi più marcati. Da considerare anche l’impatto sui consumi delle famiglie, che con l’incremento congiunto delle aliquote ridotte avrebbero un aumento di spesa media pari a 150 euro l’anno e una contestuale riduzione del reddito disponibile dello 0,4%.

In più, toccando beni di prima necessità, "è lecito attendersi un impatto regressivo sul reddito familiare, considerando che per le famiglie con redditi più bassi la quota destinata agli alimentari sul totale della spesa è più elevata rispetto a famiglie con i redditi più elevati".

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