Un mutuo è un passo importante, sia perché è un impegno economico di tutto rispetto sia perché è un impegno che dura diversi anni.
In questi ultimi mesi, poi, le politiche monetarie della Banca centrale europea spingono verso l’alto i tassi direttori e questo ha ricadute tangibili sulle rate dei mutui che tendono a lievitare. Parallelamente, il progressivo aumento del costo della vita può indurre i più prudenti a pensare a lungo sull’eventualità di accendere un mutuo. Ci sono degli elementi che sono imprescindibili prima di decidere.
Il capitale iniziale e le rate
Di norma la banca eroga fino all’80% del valore dell’immobile anche se diversi istituti di credito, in presenza di sufficienti garanzie, ne coprono l’intero valore. Questo significa che, a fronte di un immobile del valore di 150mila euro, sarà necessario avere disponibilità proprie per almeno 30mila euro.
A titolo prudenziale è raccomandato che la rata del mutuo non superi il 30% del reddito del richiedente. Considerando i parametri attuali, appare più saggio destinare al mutuo al massimo il 25% delle proprie entrate mensili. A fronte di un reddito famigliare di 3mila euro mensili è prudente limitare le rate a 750-900 euro al mese, ma questo è un calcolo teorico che non tiene conto della necessità o del desiderio di chi vuole acquistare casa.
I diversi tipi di tassi
I mutui più diffusi e noti sono quelli a tasso fisso e a tasso variabile. Decidere quale scegliere è una scommessa, la durata media di un mutuo in Italia è di 25,2 anni. Sapere al momento dell’accensione di un mutuo cosa succederà nei decenni a seguire è missione impossibile. In Italia, per legge, un mutuo non può durare meno di 5 anni e di norma non supera i 30 anni anche se ci sono istituti che ne erogano fino a 40 o 50 anni.
Ci sono però altre tipologie di muto e, benché meno ricorrenti, è bene conoscerle.
Il tasso fisso resta costante per tutto il tempo, le rate rimangono sempre identiche per tutta la durata del mutuo e questo permette una migliore pianificazione economia. Se i tassi d’interesse dovessero salire o scendere non ci sarebbe nessun impatto sulla rata. Va da sé che appare una formula di mutuo vantaggiosa da sottoscrivere quando i tassi sono bassi e le previsioni inflazionistiche vanno al rialzo. Il mutuo a tasso fisso è indicizzato dall’Eurirs, detto anche Irs, calcolato dalla Federazione bancaria europea.
Il tasso variabile cambia in base alle oscillazioni dell’Euribor, indice che determina il tasso di interesse. In condizioni normali il tasso variabile risulta essere inferiore a quello fisso ma riuscire a prevederne l’evoluzione sul lungo periodo è missione impervia. Ne conseguono rate altalenanti che possono dare un vantaggio (ma anche uno svantaggio) economico rispetto al tasso fiso ma, svantaggio non da poco, la pianificazione del budget famigliare diventa più macchinosa.
Il tasso misto prevede, per contratto peculiare, di passare dal tasso fisso a quello variabile (e viceversa) nel corso della durata del mutuo. Vantaggi e svantaggi sono facilmente ipotizzabili: si può cambiare tasso quando il mercato lo impone ma un mutuo a tasso misto ha un costo più elevato. Trova una ragione d’essere laddove chi vuole accendere un mutuo preferisce avere un giubbotto di salvataggio da indossare in caso di difficoltà ma ipotizza, per il proprio futuro, una crescita delle entrate.
Il mutuo a rata costante ha un tasso variabile che non cambia l’importo della rata ma prolunga la durata del rimborso se i tassi salissero oppure la ridurrebbe se diminuissero. È un tipo di investimento che prevede un rischio in più perché, qualora i tassi salissero al di là del limite formulato nel contratto, la rata verrebbe comunque corretta verso l’alto. Offre quindi soltanto in linea teorica la certezza di pagare sempre la stessa rata e, nei casi in cui il mercato diventasse ostile, potrebbe allungare in modo sensibile il periodo del rimborso, versando così alla banca un sostanzioso surplus di interessi.
Il tasso variabile con Cap ha un tasso che segue l’andamento dell’indice Euribor ma non può superare un limite fissato in fase contrattuale. Permette quindi di calcolare l’importo massimo di ogni rata, ovvero quello da pagare quando i costi sono in rialzo. Per tutelarsi, le banche tendono a fissare tassi di base leggermente più alti rispetto a quelli che il mercato fissa al momento dell’accensione del mutuo e fissano un “floor”, ovvero un limite al di sotto del quale gli interessi non possono scendere.
Per scegliere la formula del mutuo occorre quindi ipotizzare lo scenario più ostico, considerando per esempio una possibile diminuzione del reddito personale o famigliare e un’esplosione dei tassi di interesse. Il resto è lavoro da svolgere calcolatrice alla mano, tenendo sempre sott’occhio la ratio “indebitamento-reddito” che non dovrebbe, come detto, superare il 30% per non esporsi a rischi fatali.
In ogni caso scegliere una formula di mutuo piuttosto che un’altra, è sempre un lavoro di calcolatrice e di scenari pessimistici – per esempio la diminuzione del reddito personale oppure l’esplosione dei tassi variabili – da prendere in considerazione.
Quanto costa un mutuo
Non c’è soltanto il tasso di interesse a determinare il costo di un mutuo. Una volta calcolati gli interessi usando gli indici di riferimento (Eurirs per i mutui a tasso fisso e Euribor per quelli a tasso variabile) la banca aggiunge lo Spread, ossia il proprio guadagno reale. Lo Spread, che rimane fisso per tutta la durata del rimborso, può variare in modo più che sensibile tra un istituto di credito e l’altro ed è uno degli indici a cui prestare attenzione quando si accende un mutuo. Tutti i costi che la banca applica sono indicati con la sigla Taeg, ossia il Tasso annuo effettivo globale, un indice preciso e di importanza rilevante nel comprendere appieno lo sforzo economico con cui ci si si sta confrontando.
C’è sempre la possibilità di rinegoziare un mutuo, passando da un tasso di interesse a un altro, anche seguendo percorsi un po’ tortuosi i quali, in alcuni casi, prevedono anche un cambio del tasso dello Spread applicato dalla banca.
Le verifiche delle banche
Quando si richiede un mutuo le banche valutano diversi elementi prima di concederlo. Il primo controllo che viene effettuato è relativo all’affidabilità del richiedente la cui storia finanziaria viene passata al setaccio per escludere che sia protestato o che, in passato, sia stato poco ligio nel saldare cambiali o emettere assegni. Sono controlli minuziosi che ricostruiscono anche la puntualità con cui il richiedente ha pagato le rate di eventuali prestiti ricevuti in passato e la sua solidità finanziaria nel corso degli anni.
La banca valuta poi che l’importo della rata del mutuo non superi il rapporto di un terzo del reddito su cui il richiedente può fare affidamento.
A fare stato subentra anche l’età del richiedente, perché è raro che venga concesso un mutuo a chi avrà compiuto 80 anni prima di rimborsarlo integralmente.Terminata la fase di verifiche preliminari, viene valutato il valore dell’immobile per stabilire se è congruo all’importo richiesto. Da qui la decisione finale e l’eventuale erogazione del mutuo.
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