Otto milioni di dollari per la serie di otto sneaker indossate da Michael Jordan durante i playoff Nba di otto stagioni diverse. L'asta più redditizia di sempre per delle scarpe sportive tenuta a inizio anno da Sotheby's lasciava presagire un nuovo anno da record. Così non è stato, almeno stando ai riscontri a metà percorso.
La maggiore casa d'aste al mondo nella prima metà dell'anno ha riportato un crollo dell'88% dei profitti e del 25% delle vendite d'asta. Le entrate semestrali sono scivolate a 558,5 milioni di dollari, con un calo del 22% rispetto ai 712,3 milioni del primo semestre del 2023. Come riferito dal Financial Times, a causare questa debole performance è un «gelo» nel mercato dell'arte e in particolare l'acuirsi del calo della spesa in lusso proveniente dalla Cina. Emblema del momento di crisi è stata l'asta battuta a maggio per un ritratto di Francis Bacon dell'amante George Dyer che non ha raggiunto la fascia minima del valore stimato di 30-50 milioni di dollari. Momento difficile che ha spinto Sotheby's a cercare sostegno finanziari nel fondo sovrano di Abu Dhabi Adq che è entrato con una quota di minoranza iniettando un miliardo di dollari che in buona parte serviranno a ridurre l'esposizione debitoria della casa d'aste.
Il problema non è isolato in quanto coinvolge anche la storica rivale Christie's, che a luglio aveva annunciato un calo vistoso nell'ordine del 22% nelle vendite d'asta nel primo semestre.
L'indebolimento della domanda cinese è un campanello d'allarme per tutto il settore del lusso che quest'anno arranca non poco. L'indice S&P Global Luxury Index, termometro dell'andamento a livello globale dei titoli del lusso, segna da inizio anno un calo di quasi il 5%, in netta controtendenza rispetto all'oltre +15% dell'Msci World che veleggia a livelli record. In Europa il colosso del lusso Lvmh ha visto i profitti cadere del 14% con anche la divisione orologi/gioielli che comprende Tiffany e l'italiana Bulgari in «recessione». L'altra big francese Kering è anch'essa in forte affanno - giù del 35% in borsa da inizio anno - con i ricavi azzoppati dal perdurare della crisi di Gucci, il suo marchio di punta. Situazione simile per le varie Burberry, Hugo Boss, Richemont e Swatch.
La Cina non è più una mucca da mungere per i marchi di lusso e questo è un grosso problema difficilmente risolvibile nel breve.
Cosa c'è dietro il venir meno della voglia di lusso del Dragone? A una minore capacità di consumo nell'attuale clima economico, si aggiunge anche una crescente evidenza della «vergogna del lusso», un fenomeno per cui i cinesi con un patrimonio elevato, e quindi ampio potere di spesa, scelgono di non ostentarlo per paura di essere demonizzati mentre gli altri stringono la cinghia.
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