Corsa all'ultimo miglio per Generali: il traguardo, il rinnovo del cda fissato per la primavera del 2022, non è così lontano e neppure scontato. La riorganizzazione della catena di controllo, comunicata ieri dopo le anticipazioni degli ultimi giorni, è in qualche modo rivoluzionaria e indicativa del fatto che management e grandi azionisti stiano riposizionandosi per la partita a scacchi dei prossimi mesi. L'ad Philippe Donnet, che punta a un altro mandato, ha sparigliato le carte con una revisione dell'organigramma che sacrifica alcuni dei suoi stessi uomini. Obiettivo della revisione della squadra: raggiungere gli obiettivi di piano «valorizzando risorse manageriali interne che lavoreranno a diretto riporto dell'ad». Il cda ha votato all'unanimità alla presenza di tutti i suoi membri, compresi i soci italiani, da qualche tempo non così in piena sintonia con alcune scelte di vertice.
Ieri è stata annunciata l'uscita di due dei principali collaboratori di Donnet: il direttore generale Frédéric de Courtois e il direttore degli investimenti Tim Ryan. Sono state poi comunicate le nomine di Carlo Trabattoni a capo dell'unità dedicata alla gestione patrimoniale del gruppo; Sandro Panizza nel nuovo ruolo di group chief insurance & investment officer; Bruno Scaroni a capo della nuova unità organizzativa dedicata alla trasformazione digitale e Giancarlo Fancel quale group chief risk officer.
«Lo scopo della nuova struttura organizzativa è quello di portare a termine con successo il piano Generali 2021 e di preparare il gruppo alle sfide del futuro», ha detto Donnet in una nota. «I nostri obiettivi - ha aggiunto - restano confermati: allineare la gestione degli investimenti con la strategia assicurativa; accelerare la strategia nell'asset management; coordinare l'innovazione e la trasformazione digitale di Generali».
Sul mercato c'è però chi mormora che la scossa possa avere un impatto ben più rilevante rispetto una riorganizzazione giustificata dal cambio dello scenario imposto dal Covid. Il cantiere dei lavori di Trieste in vista del prossimo piano industriale e del rinnovo del cda sarà aperto con largo anticipo. Gli equilibri sono delicati, tanto più che la scorsa primavera Generali ha inserito in statuto la lista del cda, ovvero la possibilità per il board di proporre i propri candidati. In questo scenario se i Benetton sono fermi al 3,98% del capitale, altri grandi soci sono in pieno movimento. Francesco Gaetano Caltagirone ha appena arrotondato la propria quota al 5,4%, mentre Leonardo Del Vecchio, forte del 4,84% a Trieste, sta scalando Mediobanca (socia di Generali con il 13%), dove ha raggiunto il 12% dopo essersi assicurato il beneplacito della Bce per arrivare fino al 20 per cento.
E proprio il patron di Luxottica e l'imprenditore romano, secondo indiscrezioni, avrebbero sollevato ben più di un sopracciglio di fronte all'ingresso di Generali in Cattolica con un aumento di capitale riservato da 300 milioni per il 24,46% del gruppo.
Non aiuta il fatto che Generali abbia acquistato Cattolica a 5,55 euro per azione, quando ieri il titolo veronese quotava 3,88 euro, né che si prospetti per il Leone di Trieste un'altra fiche da 50 milioni per la seconda tranche della ricapitalizzazione della compagnia assicurativa in un momento in cui il dossier di Verona si è fatto incandescente, tra le pressanti richieste dell'Ivass di un cambio di passo nella governance di Cattolica e le richieste di accertamenti di Consob su ipotesi di insider trading, che hanno coinvolto anche Trieste.
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