Tredici febbraio 2017: Roberto Colaninno scende da Alitalia Sai. Il passo indietro dell'imprenditore mantovano, per qualcuno, è il segnale premonitore che quello della compagnia non sarà un «soft landing». Il patron di Immsi, controllante di Piaggio, era presidente onorario di Alitalia Sai ed è stato uno dei protagonisti del tentativo di rilancio privato del vettore del 2008, sulle ceneri della lunga stagione pubblica. Il 13 gennaio 2009 era partito da Roma diretto a Palermo il primo volo del nuovo vettore, che unisce Alitalia ad Airone, sotto il sigillo Cai (Compagnia aerea italiana), con Air France Klm partner strategico al 25%. Il presidente è appunto Colaninno, mentre Rocco Sabelli è l'ad. La parte sana della compagnia viene rilevata da Cai per 300 milioni mentre tutto il passivo scivola, tramite una bad bank (2 miliardi di euro) nel debito dello Stato. L'operazione Cai è stata il risultato del «piano Fenice», disegnato da Corrado Passera, allora alla guida di Intesa Sanpaolo, insieme a una cordata di imprenditori italiani.
Con il 2009 il nuovo vettore riparte con 8mila addetti in meno. Ma Alitalia non decolla nonostante altri 2.400 esuberi e un taglio del 20% degli stipendi dei manager. Nel 2013 serve un aumento di capitale altrimenti gli aerei restano a terra: Colaninno preferisce non partecipare. Con l'aumento di capitale arriva l'aiutino pubblico attraverso Poste Italiane che entra nell'azionariato, mentre anche Air France preferisce diluirsi.
Il nuovo cavaliere bianco è l'emiratina Etihad che a fine 2014 acquisisce il 49%. Il nuovo piano industriale prevede il break even nel 2017. Dalla privatizzazione Alitalia non ha mai fatto utili e ora è nuovamente in crisi.
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